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Tema: Il mito di Guernica

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    Il mito di Guernica

    Il mito di Guernica di Paolo De Marchi

    Guerra civile spagnola: il bombardamento di Guernica ispira Picasso. Che vende il celebre quadro ricavandone miliardi. Pagati da Stalin. Ma il dipinto era stato realizzato per celebrare la morte di un torero.

    [Da "il Timone" n. 21, Settembre/Ottobre 2002]

    "La Spagna contemporanea è un nodo drammatico anche per il rapporto apparentemente inestricabile tra politica e storiografia. Passioni ideologiche e ragioni di schieramento si sono abbattute sul lavoro degli storici come forze prementi e distorcenti sino al punto di rendere assai ardua la ricostruzione effettiva del passato". Queste parole di Giorgio Rumi spiegano molto bene come mai, a oltre 60 anni dalla fine della Guerra Civile, molti, troppi suoi snodi importanti siano ancora o poco conosciuti o addirittura ignorati, o - ancora peggio - radicalmente travisati attraverso una oculata manipolazione. Da un lato, infatti, non si vuole ancora riconoscere una verità in realtà palese, e cioè che la guerra di Spagna (18 luglio 1936 - 1 aprile 1939) è stata essenzialmente e prima di tutto una persecuzione religiosa, che trae origine dall’ideologia anticattolica del regime repubblicano instaurato nel 1931, e che è cosa ben diversa dalla repressione politica, la quale fu invece praticata, in modo brutale e spietato, da entrambe le parti contendenti (e invero i 239 martiri spagnoli beatificati da Giovanni Paolo II sono tutti vittime dei repubblicani, e hanno subito il martirio in quanto cattolici). E dall’altro lato, si è venuta creando una serie di vere e proprie leggende, che tuttora si trovano nei più diffusi libri di storia, e delle quali è urgente una verifica per ristabilire la pura e semplice verità dei fatti.

    Prendiamo per esempio Guernica. Secondo la vulgata universalmente diffusa, Guernica è una cittadina basca di 7000 abitanti, bucolica e senza alcun interesse militare, che sarebbe stata rasa al suolo dalla modernissima aviazione nazista il lunedì 26 aprile 1937; i morti sarebbero stati 1454 (3000 secondo altri) e 889 i feriti: così tanti, anche perché il lunedì era giorno di mercato. Per commemorare l’eccidio, Picasso avrebbe dipinto il famosissimo quadro omonimo. Ma le cose stanno davvero così? Va premesso che all’origine della "leggenda" sta una corrispondenza sul Times di un noto giornalista, George Lowther Steer che peraltro non era sul posto quel giorno, e che poi riunì le sue disinformazioni in un libro, The tree of Guernika, pubblicato a Londra nel 1938. E ora vediamo i fatti.

    1) Guernica raggiungeva a stento i 4000 abitanti, e costituiva un importante obiettivo militare, in quanto rilevante nodo stradale e ferroviario e sede di due fabbriche dì armi e bombe.

    2) Quel lunedì non ci fu mercato a Guernica, perché il delegato del governo basco, Francisco Lozano, lo aveva sospeso, così come aveva sospeso la partita di pelota, in programma per la sera.

    3) Il bombardamento non fu opera esclusiva dei bombardieri tedeschi, e neppure di aerei molto moderni (come Steer volle far credere, per fomentare l’odio verso i nazisti e convincere della necessità di un riarmo inglese per difendersi contro Hitler e la sua potenza bellica): ad esso parteciparono infatti tre Savoia Marchetti 79 italiani, oltre a numerosi caccia, sempre italiani (Si tenga presente che esiste la documentazione abbastanza precisa del numero dei voli, del tipo di apparecchi impiegati e del tipo di bombe sganciate).

    4) Il numero delle vittime è stato enormemente gonfiato, e in realtà non arriva al centinaio: il che non significa che il bombardamento non ci sia stato, come per anni ha cercato di sostenere la propaganda nazionalista, attribuendo l’incendio della città e i morti soltanto all’azione dell’esercito repubblicano in ritirata.

    5) Sta di fatto, comunque, che la distruzione di Guernica dipende per circa un quarto dal bombardamento: ma, dato che la città fu bruciata per circa il settanta per cento, il resto è stato provocato da incendi ed esplosioni ad opera dei repubblicani prima di abbandonare la città (anche qui, esistono testimonianze dirette e specifiche, di cui la mitologia ufficiale non ha mai voluto tener conto).

    6) Quanto infine al quadro di Picasso, anche qui la verità sembra divergere nettamente dalla leggenda ormai consolidata. Come racconta Messori, in effetti, il famoso pittore, grande appassionato della corrida, aveva celebrato in un’enorme tela - che conservava ancora nel suo studio parigino - la morte di un celebre torero, Joselito. Ma quando il governo repubblicano gli chiese un quadro per l’Esposizione Universale di Parigi, che doveva aver luogo nel 1937, ecco che Picasso pensò bene di utilizzare l’opera già dipinta in memoria di Joselito, limitandosi a qualche modifica e al cambio del titolo, che divenne appunto Guernica: dopo di che passò ad incassare dal governo spagnolo il prezzo pattuito (300.000 pesetas, cioè qualche miliardo di oggi, regolarmente fornito da Stalin). E nasce così la leggenda di quest’opera certo notevole, ma sicuramente sopravvalutata - perché in sostanza troppo enfatica e gridata nel suo acceso espressionismo - e sulla quale le interpretazioni peregrine si sprecano: fino a scambiare per il Minotauro (motivo peraltro molto caro a Picasso) il toro che uccise Joselito, e a non avvertire che il cavallo trafitto, al centro del quadro, non simboleggia un bel niente, ma è soltanto una povera bestia sventrata dal toro. La conclusione di questa breve nota, che rischia di essere tacciata di revisionista, è sempre la solita: la storia, quella vera, non può che essere seriamente - revisionista, perché uno dei suoi compiti essenziali è proprio quello di smascherare le mitologie interessate a nascondere la realtà dei fatti per scopi politici abbastanza evidenti, e poi pedissequamente ripetute fino a passare per verità assodate. E la guerra di Spagna è uno dei campi in cui più occorre ancora indagare con tranquilla ma rocciosa e implacabile intransigenza.

    Cronologia

    14 aprile 1931. Il re Alfonso XIII lascia il Paese, dopo la vittoria repubblicana alle elezioni. Viene proclamata la Repubblica. Inizia la propaganda antireligiosa.
    Maggio 1931. Manifestazioni anticattoliche. Incendio di monasteri e chiese.
    Febbraio 1936. Vittoria elettorale del "Fronte Popolare", formato da socialisti, radicali, comunisti e anarchici.
    18 luglio 1936. Rivolta militare, guidata dal generale Francisco Franco contro il governo repubblicano. Scoppia la guerra civile. Germania, Italia e Portogallo sono con i rivoltosi. URSS e le "brigate internazionali" di volontari con le sinistre.
    Settembre 1936. A Burgos viene istituito un governo guidato da Franco.
    26 aprile 1937. Bombardamento di Guernica.
    1 luglio 1937. Lettera collettiva dei vescovi spagnoli ai loro confratelli nel mondo. I vescovi vedono nella rivolta di Franco una speranza per la libertà della Chiesa.
    28 marzo 1939. Le truppe del generale Franco entrano in Madrid.
    1 aprile 1939. Termina la guerra civile con la sconfitta delle sinistre. La persecuzione contro la Chiesa presenta un drammatico bilancio: 13 vescovi, 4.184 sacerdoti e seminaristi, 2365 religiosi, 283 suore e decine di migliaia di laici uccisi dai comunisti e dalle sinistre in odio alla fede.

    Bibliografia

    Le opere disponibili in italiano sulla Guerra Civile spagnola non sono molte, e in genere più o meno dichiaratamente partigiane, se non faziose, a favore della Repubblica: dalla classica Storia della guerra civile spagnola di H. Thomas, Einaudi, 1963 (il quale peraltro, curiosamente, nella seconda edizione riduce a 200 i morti di Guernica, che nella prima aveva indicato in 1654), al recente, pur pregevole, La guerra civile spagnola 1936-1939 di P. Preston, Mondadori, 1999.

    Non esistono in Italia né il fondamentale The Spanish Civil War: Revolution and Counter-revolution, di B. Bolloten (la cui prima edizione, dal titolo The grand camouflage, è del 1961, per arrivare all’edizione definitiva del 1991; l’edizione spagnola, presso Alianza, Madrid, è del 1989), né l’utile e documentatissimo Historia esencial de la Guerra Civil Espanola di Ricardo de la Cierva (Fenix, 1996).
    Sulla persecuzione religiosa, è consigliabile il recente Buio sull’altare di V. Carcel Orti (Città Nuova, 1999), sul quale si veda Il Timone, n. 18, pag.60.

    Su Guernica in particolare: V. Messori, Le cose della vita, San Paolo, 1995, pag. 192 ss.

    © Il Timone
    Contro la leggenda nera - Il mito di Guernica

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    Respuesta: Il mito di Guernica

    Guernica di Vittorio Messori

    [Da "Le cose della vita", San Paolo, Milano 1995]

    Da buon spagnolo, Pablo Ruiz Biasco y Picasso amava le corride. Fu, dunque, sconvolto dalla tragica morte di un suo beniamino, il famoso torero Joselito. Per celebrarne la memoria, mise in cantiere un’enorme tela dì 8 metri per 3 e mezzo, che gremì di figure tragicamente atteggiate, a colori luttuosi. Finita che l’ebbe, la chiamò En muerte del torero Joselito.

    Correva però il 1937, in Spagna infuriava la guerra civile e il governo anarco-socialcomunista si rivolse a Picasso per avere da lui un quadro per il padiglione repubblicano all’Esposizione Universale in programma a Parigi per l’anno dopo

    Il Picasso (che diventerà, non a caso, uno degli artisti più ricchi della storia) ebbe una pensata geniale: fece qualche modifica alla tela per il torero, la ribattezzò Guernica (dal nome della città basca bombardata dall’aviazione tedesca e italiana) e la vendette al governo "popolare" per la non modicaa cifra di 300.000 pesetas dell’epoca. Qualcosa come qualche miliardo - pare due o tre - di lire di oggi, che furono vcrsati da Stalin attraverso il Comintern.

    Contento Picasso, ovviamente; contenti anche i socialcomunisti, che di quel quadro di tori e toreri fecero un simbolo che è giunto sino a noi ed è continuamente riprodotto, con emozione, come simbolo della protesta dell’umanità civile contro la barbarie nazi-fascista. Stando a molti critici d’arte, Guernica è il più celebre quadro del secolo. E, ciò, grazie proprio alla "sponsorizzazione" da parte delle sinistre, a cominciare dai liberals occidentali: la tela picassiana ebbe una sala tutta per sé al Metropolitan Museum di New York e vide milioni di ’’pellegrini" sfilare in religioso silenzio.

    Si arriva al grottesco di interpretazioni come quella – un esempio a caso tra mille - della pur pregevole enciclopedia Rizzoli-Larousse che alla tela dedica oltre venti, fitte righe, nelle quali si dice, tra l’altro: "Motivo centrale, l’angoscia della testa del cavallo che sovrasta il duro lastricato dei cadaveri: in alto, a sinistra, l’antico simbolo della violenza, il Minotauro"

    Ora, il presunto "Minotauro" altre non è che il toro che uccise Joselito; e il cavallo è quello del picadòr, sventrato nell’arena dallo stesso animale. Una storia, dunque, di tauromachia. dove la "protesta civile", la "passione politica" non c’entrano nulla, se non, forse, in qualche particolare aggiunto per rifilare il quadro, a suon di miliardi, alle generose Izquierdas iberiche.

    Perché occuparsi di Guernica? Ma perché, in epoca di riletture della storia dopo il crollo delle menzogne ideologiche, è ora di andare a vedere che ci sia davvero dietro tante storie edificanti sulle quali comunisti e simpatizzanti avevano costruito un mito sul quale era terroristicamente proibito indagare. Se il quadro di Picasso è una sorta di truffa, non si può certo dire che la verità trionfi nella realtà che gli ha dato il nome.

    Da un controllo, anche su libri di storia "cattolici", risulta che ciò che è accettato da tutti è quanto segue: "Guernica era una cittadina sacra ai baschi, perché sotto un suo albero i re di Spagna giuravano di rispettare le libertà della regione. Durante la guerra civile, malgrado fosse indifesa e non rappresentante un obiettivo militare, il 26 aprile 1937 fu distrutta da un selvaggio bombardamento dell’aviazione tedesca che voleva sperimentare nuove tecniche e nuovi velivoli. Per sadismo, fu scelto il lunedì, giorno di mercato: ci furono, così, ben 1654 morti e 889 feriti, tutti vecchi, bambini, donne, perché gli uomini erano a combattere contro Franco". Una "verità" codificata una volta per sempre anche nella Storia della guerra civile spagnola (stampata, in Italia, da Einaudi) di Hugh Thomas. È significativo che questo storico, nella edizione "rivista" della sua Storia, abbia poi ridotto a 200 il numero dei morti: 1454 in meno da una ristampa all’altra. E senza dare spiegazioni…

    La realtà è del tutto diversa, come hanno stabilito anche commissioni internazionali di inchiesta. Come andò davvero lo si sa da decenni, ma la forza della propaganda sembra ancora invincibile.

    Guernica costituiva un normale obiettivo militare, come ben sapeva anche il governo rosso" che vi aveva installato pezzi contraerei e scavato sette rifugi collettivi. In effetti, la città era sede di due importanti fabbriche, d’armi leggere e di bombe d’aviazione. Inoltre era nodo stradale e ferroviario per i repubblicani che combattevano a una dozzina di chilometri dalla città, che rigurgitava di soldati e di mezzi militari. Non si dimentichi che l’importanza strategica di Guernica veniva anche dalle fortificazioni che i baschi vi avevano costruito (la cintura di ferro", come la chiamavano) per marcare l’indipendenza della loro regione nei confronti delle altre etnie spagnole. Non era affatto, dunque, il "bucolico, sacro villaggio dove mercanti e villici portavano pacificamente le loro povere cose", per dirla con Thomas.

    Alcuni bombardieri (di vecchio tipo) inviati dalla Germania e 18 aerei, tra pesanti e leggeri, del Corpo di spedizione italiano, nel pomeriggio di quel 26 aprile 1937 fecero alcuni passaggi per distruggere il ponte di Renteria, sul fiume Oca e ostacolare così i movimenti dei repubblicani. La maggioranza dell’esplosivo italo-tedesco cadde sul nodo stradale attorno al ponte e solo alcune bombe sulla città: su 39 crateri individuati dalla ricognizione aerea, solo 7 risultano nell’abitato. I morti accertati - anche da accurati controlli all’anagrafe - furono 93, cui è forse da aggiungere qualcun altro tra soldati isolati. Quasi la metà di quei 93 morì per il crollo di un rifugio appena costruito ma evidentemente inadeguato: Forse, gli appalti truccati esistevano anche tra i baschi "rossi"…

    In ogni caso, non si supera il centinaio, com’è provato da ripetute indagini sull’anagrafe della città, che contava 5.000 abitanti in tutto: bilancio tragico ma, purtroppo, di routine nella più sanguinosa guerra civile della storia che, alla fine, contò quasi un milione di morti. In Ogni caso, si è abissalmente lontani dai 1654 caduti (e 889 feriti) che sono entrati nella leggenda sempre ripetuta. E si è ben lontani anche dalle migliaia di cadaveri che furono il tragico prezzo da pagare - in quella lotta spietata - per la conquista di tanti altri obiettivi militari, É vero che documenti fotografici e cinematografici mostrano la città semidiroccata. Ma questo perché (come dimostrò una commissione internazionale; e come Fu appurato persino dal tribunale di Norimberga che giudicò i generali nazisti) prima di ritirarsi i socialcomunisti e gli anarchici cosparsero di benzina tutto ciò che poterono e vi diedero fuoco Non un solo cratere di bomba fu trovato tra le rovine bruciate del centro storico. Fu provato, inoltre, che i minatori anarchici delle Asturie. fuggendo, fecero saltare con la dinamite, di cui disponevano in abbondanza, molti edifici per creare ostacoli alle truppe franchiste.

    Ma come nacque la leggenda giunta sino a noi, malgrado le risultanze delle inchieste internazionali e il lavoro - inascoltato, per lo più - di qualche storico con il rispetto della sua professione? All’inizio della manipolazione della verità c’è un corrispondente di guerra inglese, George L. Steer, il quale, pur non essendo sul posto quel giorno, spedì da Bilbao (dopo essersi accordato con tre colleghi e connazionali per non smentirsi a vicenda) una cronaca fantasiosa al suo giornale di Londra. Da soldati baschi, Steer (che secondo molti apparteneva allo spionaggio inglese) aveva appreso che il lunedì, a Guernica, si teneva un affollato mercato; e poiché quel 26 aprile era, appunto, un lunedì, lavorò di fantasia immaginando le inermi massaie e i vecchi contadini spappolati dalle bombe tedesche (tra l’altro, visto che il miro esige "cattivi" che lo siano davvero, da allora, parlando di Guernica, si disse solo dei tedeschi, tacendo degli italiani che furono invece presenti in forze sul ponte con tre moderni bombardieri S79 e con 15 caccia CR32).

    Per tornare al corrispondente inglese e ai colleghi che gli tenevano bordone: non sapevano che il mercato quel lunedì non si era svolto, poiché il Delegato militare del governo basco lo aveva vietato, temendo appunto azioni di guerra. In ogni caso, non avrebbe potuto essere colpito, visto che il mercato terminava sul mezzogiorno e l’azione italo-tedesca si svolse a partire dalle 16.15. Della corrispondenza Fantasiosa di Steer e dei colleghi si impadronirono subito due propagande: quella anarco-comunista, naturalmente; ma anche quella britannica, poiché il nuovo governo di Chamberlain doveva convincere l’opinione pubblica della necessità di affrontare grandi spese per il riarmo, vista la barbarie tedesca e la potenza delle sue armi (da qui, l’invenzione che Guernica fosse stata colpita da modernissimi velivoli). Il lucroso falso di Picasso completò la leggenda che tutti, sino a qui, hanno preso per storia vera.

    © Edizioni San Paolo
    Contro la leggenda nera - Guernica

  3. #3
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    Respuesta: Il mito di Guernica

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    OTTIMO!
    un proverbio italiano dice che le bugie hanno le gambe corte. Tutti questi falsi miti del XX secolo piano piano vengono smascherati!
    STAT CRUX DUM VOLVITUR ORBIS

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