L’insorgenza dei Cristeros

Luigi Copertino 8 Luglio 2022



Spesso capita che molti fatti si perdano nei meandri della storiografia “ufficiale”. La dura lotta dei Cristeros messicani ne è l’ennesimo esempio. Combattenti per difendere la fede in Dio e nella Santa Vergine Maria, i Cristeros scelsero la via della lotta a quella dell’abiura. Come i combattenti vandeani, questi uomini, donne e bambini ,di ogni strato sociale, ci ricordano quanto bisogni saper tener duro quando si combatte per difendere a qualsiasi costo la Verità e la Giustizia. A loro Pino Tosca ha dedicato questo articolo che scegliamo di riportare alla luce oggi, con la speranza di ravvivare ,nel nostro piccolo, una testimonianza su questi eroici combattenti che anche un giovane Léon Degrelle andò ad incontrare in terra messicana durante gli anni della loro repressione.

Segnaliamo inoltre che in Italia sono disponibili i seguenti titoli per chi volesse approfondire la storia dei Cristeros:

-Il Padre Pro. Il santo dei Cristeros (edizioni Amicizia Cristiana)
-Cristiada. Messico martire (edizioni Amicizia Cristiana)
-Encicliche sulle persecuzioni in Messico dal 1926 al 1937. (edizioni Amicizia Cristiana)


-Cristiada. L’epopea dei Cristeros in Messico (edizioni Lindau)


L’INSORGENZA DEI CRISTEROS

Un famoso adagio del Centro America così recita: “Povero Messico, così lontano da Dio e così vicino agli Stati Uniti”. In realtà, a Dio il Messico è sempre stato più vicino di tante nazioni occidentali. Ma è purtroppo vero che i suoi 2.600 chilometri di frontiera in comune con l’Impero del Dollaro hanno sempre segnato la spogliazione dell’antica identità ispanica del Messico. Gli yankees si appropriarono del Texas, dell’Arizona, della California e del Nevada, rapinandoli ai loro vicini, riuscendo persino a passare per “liberatori”. In realtà essi esercitavano nei territori a loro soggetti ancora la schiavitù, che il cattolico Messico odiava ed aveva abolita da tempo. Le motivazioni di questo espansionismo colonialista erano certamente economiche (il Texas dotato di grandi risorse doveva servire al capitalismo del Nord e non al Messico sudista), ma non mancavano certo quelle religiose. Vi era un odio radicato, venato da sfumature razziste, nel protestantesimo nord-americano contro il cattolicesimo messicano. Quest’odio andava placato.

I novanta anni che separano Fort Alamo dalla rivolta dei Cristeros sono contrassegnati dalla opprimente interferenza statunitense nella vita politica messicana, al punto che si può dire che non vi fu caduta o ascesa di un sol uomo politico che non fosse stata prima pianificata a Washington. Elemento decisivo nel cambio della guardia a Città del Messico era sempre un esercito di vocazione golpista, totalmente nelle mani delle logge. Un esercito costituito al 40% da ufficiali, dei quali il 90% era stato iniziato in Massoneria. Mario Appelius, il noto giornalista radiofonico italiano, scriveva nel 1920: “In Messico non c’è il Bolscevismo… Il Messico è in questo momento un potenziale della 3° Internazionale social-massonica governato da un Herriot nelle vesti di generale messicano”. Non è del resto da sottacere il fatto che le logge messicane avevano ed hanno come loro occulti referenti i Gran Maestri di quelle statunitensi, alle quali è del resto affiliata la maggioranza dei banchieri, dei diplomatici e dei Presidenti (come è il caso dello stesso George Bush). Nel 1926, a capo di USA e Messico c’è una quaterna di massoni: il Presidente yankee ed il trio Calles-Obregon-Marones. Tutti costoro (ai quali vanno aggiunti i grandi pescecani come Morgan ed i diplomatici come Morrow) decidono di rivoluzionare il modus vivendi tradizionale del popolo messicano. Produttore di materie prime e ricco di petrolio, minerali e produttori agricoli, il Messico viene stretto in una morsa economico-militare dagli USA che riescono a succhiare enormi quantità di petrolio a prezzi stracciati e addirittura ad esportare i loro cereali in uno Stato già esuberante di produzione agricola. In cambio di questo incredibile sfruttamento, gli yankees offrono ai generali massoni ogni tipo di assistenza logistica e bellica per tener salde le loro poltrone. Il programma di Calles era infatti molto esplicito: “Il mio programma è costruttivo e logico – egli affermò – in caso non sarà mai ostile alla proprietà ed al capitale”. Si può ben capire, quindi, perché gli affaristi stranieri salutarono la sua ascesa come “la roccia di bronzo su cui riposano l’ordine e la pace” e perché l’ambasciatore americano Sheffield lo giudicasse il miglior Presidente dopo Porfirio Dìaz. Il giudizio, poi, divenne addirittura apologetico quando Calles stracciò le precedenti disposizioni di Huerta in materia di protezionismo petrolifero, con la concessione agli USA di uno sfruttamento semigratuito delle risorse messicane.

FIG.1 – Combattenti Cristeros in una messa clandestina

Nel 1925 Calles sborsò ai banchieri americani tutte le obbligazioni, impegnandosi in un’opera di vigile tutela degli interessi yankee in Messico, che, del resto, era attuata d’intesa col grande capitale messicano rappresentato da Pani, Manuel Tellez, Montes de Oca. Del pari, il rappresentante ufficiale degli USA, Morrow, altro non era che un agente dichiarato di Morgan. Egli instaurò col confratello Calles un’amicizia personale inossidabile, al punto che Vasconcelos battezzava Morrow col titolo di “proconsole”. E fu Morrow a giocare un ruolo essenziale nel conflitto politico-religioso che si andava espandendo con la rivolta dei Cristeros. Al riguardo, in un interessante libro di H. Keraly sui Cristeros, un certo Pablo dice all’autore del volume: “Senza gli Stati Uniti d’America, i Messicani oggi avrebbero potuto usufruire di un governo cattolico, sorto dall’insurrezione cristera. Avremmo un Messico prospero e autosufficiente. Gli Americani non hanno voluto. Essi hanno messo i loro piedi (compresi quelli militari) nella bilancia di una Rivoluzione di agitatori sanguinari e corrotti. Le loro motivazioni non erano soltanto ideologiche. Il Messico esangue è un eccellente terreno di caccia per gli affaristi, i banchieri, i re del petrolio. I Messicani vivono ogni giorno in silenzio questa umiliazione”. Nel settembre 1927, Luis Bustos così scriveva ai dirigenti della Lega Nazionale per la difesa della libertà religiosa di Città del Messico: “Gli Stati Uniti non ammettono e non ammetteranno mai che il movimento contro l’attuale regime sia di carattere cattolico: al punto che né i prelati americani, né i cattolici, nè i potenti banchieri o petrolieri gli porteranno il minimo aiuto. Qualunque sia il sentimento degli uomini che occupano la Casa Bianca, costoro dovranno sottomettersi ai riflessi anticattolici dell’enorme maggioranza dei cittadini americani”.

L’anticattolicesimo yankee si evidenzierà chiaramente nei tre anni eroici della Cristiada quando né un fucile né una cartuccia passeranno la frontiera in direzione della guerriglia. Al contrario, al governo di Calles perverrà tutto l’appoggio militare possibile da parte di Washington: camions, battelli, treni interi carichi di armi e munizioni partivano dagli Stati Uniti per rifornire le truppe di Calles, coadiuvate da piloti e carristi yankee. Mons. Josè de Jesus Manriquez il 13/2/’29 scriveva del suo esilio: “Nessuno deve stupirsi che i Liberatori cattolici non abbiano ancora trionfato, dal momento che essi non combattono soltanto contro le orde della tirannia, ma anche contro la potente Nazione del nord e tutta l’armata anticristiana che pretende di finirla col cattolicesimo messicano”. Tre anni prima, monsignor Curley, arcivescovo di Baltimora aveva scritto: “Carranza e Obregon hanno regnato nel Messico grazie all’appoggio di Washington. Le mitragliatrici che hanno aperto il fuoco, qualche settimana fa, contro il clero ed i fedeli di San Luis Potosi erano mitragliatrici nordamericane. I fucili che erano stati utilizzati contro le donne a Città del Messico, per profanare la Chiesa della Sacra Famiglia, provenivano dal nostro paese. Siamo noi, grazie al nostro governo, ad armare gli assassini professionisti di Calles, a sostenerli in questo abominevole piano teso a distruggere l’idea stessa di Dio nel cuore di milioni di ragazzi messicani”. L’arcivescovo di San Antonio, Mons. Drossaerts, era ancora più esplicito: “Non abbiamo forse appoggiato l’odioso Carranza? Non abbiamo sostenuto quel vecchio bandito di Pancho Villa? Non abbiamo elevato alla Presidenza della Repubblica Alvaro Obregon? Non ci stiamo comprando l’amicizia di Calles procurandogli gli aerei con i quali bombarda oggi gli eroi che muoiono per la loro fede nello Stato di Jalisco?… E’ lo schiacciante potere degli Stati Uniti che porta un sostegno illimitato ai bolscevichi messicani inviando il suo ambasciatore ad onorare Calles, sorvegliando scrupolosamente le proprie frontiere per proibire alla più piccola cassa di munizioni di cadere nelle mani degli eroi che lottano per il loro onore e la loro libertà”.

“Yankee, io muoio per colpa tua” gridavano i soldati di Cristo Re. Ma dietro gli yankees vi erano le ombre dei fratelli delle logge e, purtroppo, della gran maggioranza dei vescovi. Il Messico è oggi il solo paese del mondo occidentale in cui ai sacerdoti cattolici sia vietato indossare l’abito talare. D’altro canto al potere in Messico è, ancor oggi, il partito fondato da Calles alla fine degli Anni Venti. Il che significa che la tradizione laico-massonica non è mai venuta meno in settant’anni di gestione dello Stato. Ma in realtà è dal 1911 che l’anticlericalismo comincia ad essere codificato. Nel 1917 la Costituzione Rivoluzionaria, ancor oggi in vigore,accentua nello stato ogni forma aggregativa: vengono quindi eliminati ogni corpo intermedio e gli stessi sindacati cattolici. Ma è a partire dal ’24 che l’anticattolicesimo assume un aspetto apocalittico. Da quel momento, il chiodo fisso di Calles e dei suoi fautori interni ed esterni è quello di fare a pezzi la Chiesa e la Dottrina Sociale. A fucilate impone quella riforma agraria di tipo “cittadino” che rovinerà sino ad oggi tutto il mondo rurale (sociologicamente cattolico). Poi impone una educazione ultra-laicista, per non dire autenticamente atea, alle scuole che devono essere “statali, gratuite e obbligatorie”. Passa poi all’ azione diretta contro la Chiesa e il culto al punto che è vietato salutarsi con il classico Adios in quanto allusione filo-religiosa. Il generale Ortiz, noto macellaio callista, fa fucilare un soldato perchè portava al collo, sotto, la camicia, una medaglia con la Vergine di Guadalupe. Una legge del 28/2/25 a Tabasco proibisce l’esercizio del ministero ai sacerdoti non in possesso dei seguenti requisiti:


  1. Essere Tabascheno o Messicano di nascita
  2. Aver più di 40 anni
  3. Aver fatto gli studi di ogni grado presso le scuole (atee) dello Stato
  4. Essere di buona moralità (laica)
  5. Essere sposati
  6. Non aver subito alcun procedimento giudiziario.


Nell’estate del ’26, gli sgherri di Calles affiggono sulle porte delle Chiese la seguente ordinanza:

art.1) 50 pesos d’ammenda e 1 anno di prigione per chi fa suonare la campana di una Chiesa.
art.2) Stessa per chi insegna a pregare ai propri figli.
art 3) Stessa pena per chi sarà sorpreso a conservare santini religiosi.
art 4) Idem per chi porta medagliette religiose su di sé.

E così di seguito sino all’art. 30)

La legge del 14/6/26 è il colpo finale: espulsione delle congregazioni religiose, inventario e confisca dei beni ecclesiastici, messa fuorilegge di ogni tipo di organizzazione non controllata dallo Stato ed, infine stato giuridico dei sacerdoti quali dipendenti dello Stato. È la costituzione civile del clero, di giacobina memoria. Per chi non ubbidisce c’è la tortura e la morte. La reazione cattolica si muove allora su due binari ben precisi, d’accordo con la gerarchia


  • Il boicottaggio economico;
  • la sospensione del culto religioso.



FIG.2 – Fucilazione di José Ramón Miguel Agustín Pro Juárez detto “Padre Pro”, presbitero messicano, gesuita, beatificato da papa Giovanni Paolo II e fucilato nel 1927.

È la guerra civile. La repressione massonica non conosce più limiti. La parola, per i cattolici, è ora alle armi in una guerra di difesa di sé stessi e della religione. E mentre il clero tentenna, si battono i valorosi Crociati della Cristiada.

Pio XI, allora, cerca un accordo a qualsiasi costo. Il suo legato apostolico, Mons. Crespi, moltiplicò le concessioni agli assassini massoni senza ottenere nulla in cambio. La gerarchia ordina ai sacerdoti di non aderire alle sommosse dei Cristeros e ai parroci di campagna di trasferirsi in città. Solo 110 preti, su 3.500, disobbediranno e raggiungeranno i Cristeros. Ma questi ultimi vanno al combattimento ed alla morte forti del solo sacramento battesimale. Gli uomini della brigata Quintanar così rispondono al vicario episcopale che aveva chiesto a loro di farsi sgozzare evangelicamente: “Senza il vostro permesso e senza il vostro ordine, ci siamo lanciati in questa lotta benedetta per la liberta’ religiosa. Ed è senza il vostro permesso ed il vostro ordine che noi la proseguiremo fino alla vittoria o alla morte. Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe! Viva il Messico!”. Per tre anni, i Crociati trasformano tutto il Messico in un immenso campo di battaglia. Ma il 21/6/29, il Vaticano, nonostante le vittorie militari dei cattolici, fa un passo mortale e sigla i famigerati Arreglos con Calles, tesi a por fine alla Cristiada, svendendo letteralmente i Crociati alla massoneria. Inizia così la grande mattanza contro i guerriglieri di Cristo Re. Sorgono le colonne neo-giacobine dei Defanatizzatori, che riempiono cesti di vimini con le teste tagliate dei cattolici. Al grido di “Viva Satana nostro padre” sono finalmente liberi di vendicare la morte del loro colonnello Mano Nera, ucciso in combattimento dai Cristeros mentre urla “Viva il Demonio!”. Nel giro di qualche settimana, cinquemila Cristeros vengono massacrati. Grazie anche alla diplomazia vaticana, la questione cattolica trova così in Messico la sua soluzione finale.

Pino Tosca




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