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Tema: Colombo e l’epopea missionaria del più celebre navigatore della storia

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    Colombo e l’epopea missionaria del più celebre navigatore della storia



    Colombo e l’epopea missionaria del più celebre navigatore della storia

    12/10/2022


    di Giuseppe BrienzaVIVA CRISTOFORO COLOMBO E VIVA L’ITALIA: AI FANATICI DEL NULLA IL PIACERE D’ABBATTERE I MONUMENTI…Dopo oltre due mesi di navigazione e un principio di ammutinamento, nella notte del 12 ottobre del 1492 l’esploratore genovese Cristoforo Colombo (1451-1506) toccava terra approdando nell’isola di Guanhami, oggi San Salvador, nell’arcipelago delle Bahamas. In quel giorno, quindi, il navigatore poi divenuto il più celebre della storia scopriva l’America.



    A 540 anni da questo importante viaggio, che ha avuto una motivazione anche missionaria ed ha in pratica cambiato il corso della storia universale, rievochiamo la figura e l’epopea transoceanica dell’ultimo cavaliere medievale con il giornalista e storico Giorgio Enrico Cavallo, autore del recente saggio intitolato Cristoforo Colombo il nobile (D’Ettoris Editori, Crotone 2021, pp. 264, € 18,90).La Cancel Culture che è stata diffusa negli ultimi anni da una piccola ma rumorosa minoranza negli Stati Uniti ha scatenato la follia iconoclasta contro il grande capitano e navigatore Cristoforo Colombo. Potrebbe fare sinteticamente chiarezza sui principali luoghi comuni che stanno inquinando la verità storica sulla sua figura e sulla scoperta dell’America?Tutta la figura di Colombo è da riscoprire, perché per troppo tempo la sua incredibile avventura terrena è stata raccontata alla stregua di una fiaba per bambini. Ma oltre ai luoghi comuni più classici (il mito della Terra piatta, l’uovo di Colombo…) ultimamente dobbiamo fare i conti anche con la Cancel Culture, secondo la quale il navigatore ligure sarebbe stato un becero schiavista, una specie di negriero giunto in America per razziare e violentare. Ci si dimentica che a difendere gli indios dai soprusi dei primi coloni fu proprio Colombo e, per questo, fu fatto oggetto di tali maldicenze da finire imprigionato.



    Perché se è stato Colombo a scoprire l’America questo continente ha poi preso il nome da un altro navigatore come il fiorentino Amerigo Vespucci (1454-1512)?Credo che si trattò di un fine gioco politico. Vespucci aveva i contatti giusti e la corte medicea era molto vicina a quella lorenese, nella quale lavoravano il poeta Matthias Ringmann e il cartografo Martin Waldseemuller. Furono loro a battezzare l’America con il nome di Vespucci. Era il 1507, l’anno successivo alla morte di Colombo: lo scopritore, uomo pur famosissimo, era forse scomodo?Il suo libro reca la Prefazione di uno dei discendenti della famiglia Colombo, Giorgio Casartelli Colombo di Cuccaro. Come mai questa scelta?Perché è soprattutto grazie al suo impegno che, negli ultimi due decenni, sono state condotte serie ricerche sulla figura di Colombo, volte a identificare la sua reale famiglia. Gli studi, condotti nell’alveo del Cescom – Centro Studi Colombiani Monferrini – hanno portato all’identificazione della probabile madre dell’Ammiraglio, Marietta dei marchesi di Ceva, ed hanno comprovato i solidi legami di parentela tra i Colombo di Cuccaro e le principali famiglie del patriziato genovese e italiano.Cosa si dovrebbe conoscere secondo lei, dal punto di vista della Fede, dell’impresa di Colombo?Colombo interpretò il suo viaggio come una crociata: lui intendeva trovare l’oro per liberare la Terrasanta. Ma a ben vedere, egli voleva anche portare alla fede cristiana una porzione di mondo ancora non evangelizzata. Colombo aveva una spiritualità profondissima: era terziario francescano, spronava i suoi uomini ad essere assidui ai sacramenti, erigeva croci in tutti i luoghi in cui giungeva. Aveva una fede quasi estatica, si pensi che durante il suo ultimo viaggio ebbe addirittura una specie di “crisi mistica”, nel corso del suo soggiorno a Panama.



    Con il suo libro abbiamo conosciuto il “Colombo nobile”, imparentato cioè con le più blasonate famiglie dell’allora Repubblica di Genova. Come mai di questo aspetto non si è praticamente mai parlato finora? Per più motivi, in larga parte risalenti alla stessa età dell’Ammiraglio. Come noto, vi sono decine di teorie sulle origini della famiglia di Colombo ma, a mettere una pietra tombale sulla diatriba colombiana fu, in Italia, l’ex politico democristiano Paolo Emilio Taviani (1912-2001), che fu anche giornalista e storico, ansioso di dimostrare che Colombo era “quel” genovese, figlio di umili artigiani. Taviani, con la sua influenza, tacitò ogni altra ricerca e, ancora oggi (a 30 anni di distanza dalle storiche celebrazioni del 1992), il Colombo che è proposto al mondo è l’umile figlio di Domenico da Quinto, ingenuo ragazzotto che si è “fatto da sé” venendo introdotto in due ricchissime corti (quattro, grazie all’opera del fratello) e ottenendo il comando di una spedizione dall’alto valore politico e simbolico. Un Colombo non credibile.Perché invece sarebbe più credibile un Colombo nobile?Perché tutto, nella vita dell’Ammiraglio, denota la sua appartenenza ad un ceto diverso. La sua cultura era inconcepibile se fosse veramente stato quel figlio del lanaiolo che partì per mare all’avventura… Colombo conosceva il latino, si relazionava con i potenti dell’epoca e poteva perfino portare il cappello dinanzi al re Ferdinando II di Aragona. Inoltre, sposò la ricca figlia di un nobile molto vicino alla corte, Bartolomeo Perestrello (di origini italiane). Infine, nella carta commendatizia del 1492 è indicato come nobile (“don Cristoforo”) prima della partenza per l’America.Ci può spiegare perché Colombo è stato anche accusato di essere “corsaro”?Questa domanda è interessante. Non dobbiamo dimenticare che i corsari non erano i “pendagli da forca” che noi, figli della cultura cinematografica di Hollywood, immaginiamo. In larghissima parte erano nobili (come il Corsaro Nero uscito dalla penna di Emilio Salgari!) ed erano l’equivalente marittimo dei cavalieri di ventura. Ebbene, nella seconda metà del XV secolo il Mediterraneo era solcato dai legni di un corsaro che portava il cognome Colombo. E non era il solo: vi era anche un altro corsaro, Guillaume de Casenove, detto… Colombo. Il nostro affermò che, in gioventù, aveva navigato con un suo parente. Quali relazioni di parentela c’erano tra questi personaggi e l’Ammiraglio? La domanda è senza risposta…




    Ci parli per favore dei finanziatori e degli obiettivi del primo viaggio della Niña, della Pinta e della Santa Maria?Questa è la parte, se vogliamo, più oscura di tutta la vicenda. Perché è indubbio che il primo viaggio non fu un’avventura arrischiata, ma fu il frutto di un preciso calcolo politico (ed economico). Colombo aveva i contatti giusti con le famiglie patrizie, con i banchieri genovesi, perfino con il Papa. Viene spontaneo pensare che dietro una missione di questo tipo si celasse qualcosa di più, che ancora ci sfugge nella sua interezza.Cosa ci può dire a proposito della vecchiaia, del testamento e della morte di Colombo?Prima di tutto sfatiamo uno dei mille miti: Colombo non morì in miseria. Era diventato mirabilmente ricco e i suoi figli vivevano alla corte di re Ferdinando. Don Cristoforo Colombo dispose che la sua ricchissima eredità dovesse essere trasmessa ai soli eredi maschi. Accadde però che nel 1578 venne a mancare il nipote Diego II, senza lasciare eredi diretti maschi. Iniziò così una lunghissima causa legale, nella quale partecipò un parente italiano (del marchesato del Monferrato), Baldassarre Colombo di Cuccaro. La causa si concluse nel 1608, con il riconoscimento da parte del Consiglio delle Indie della reale parentela dei Colombo di Cuccaro, ma l’eredità fu data ai discendenti spagnoli di linea femminile. Una bella beffa.



    Conoscendolo bene dal punto di vista biografico, secondo lei Colombo sarà santo? Me lo auguro, ma so che probabilmente non avverrà. La causa di beatificazione incontrò già molti ostacoli nell’Ottocento ma, oggi, con l’imperare della Cancel Culture, nessuno in seno alla Chiesa gerarchica ha più a cuore il povero Cristoforo. Con buona pace di Papa Leone XIII, che si spese per la beatificazione dell’Ammiraglio… Confido però che la mia modesta ricerca abbia contribuito a rendere giustizia ed a togliere il fango dalla figura di uno degli uomini più celebri della storia e, al contempo, meno noti.




    https://www.youtube.com/watch?v=GW6rYwDEdI4&t=348s



    https://www.informazionecattolica.it...-della-storia/

    Última edición por Hyeronimus; 14/11/2022 a las 01:42

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    Re: Colombo e l’epopea missionaria del più celebre navigatore della storia

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    Cristoforo Colombo, un santo o un conquistatore?








    Cristoforo. Letteralmente, «portatore di Cristo». Cristoforo Colombo fu uno straordinario uomo di fede, cosa per nulla strana nel mondo dell’epoca, quando la cristianità era una cosa viva e, possiamo ben dirlo, si “toccava con mano”.

    Cristoforo Colombo era un vero uomo di fede. Un uomo del suo tempo, con i vizi e i difetti dei cristiani del XV secolo, si capisce; ma era uomo di spiritualità, perché la dimensione soprannaturale si mescolava senza soluzione di continuità con la dimensione terrena, facendo di lui letteralmente un “portatore di Cristo” – un messaggero, una “colomba” – ai popoli indigeni dell’America. C’è da supporre che sia proprio questa serissima concezione del suo viaggio ad essere maggiormente nel mirino dei distruttori woke, i moderni barbari che, mossi da superstizione, degrado morale e illusioni antistoriche, vorrebbero cancellare la storia e la cultura occidentale. A cominciare da quei personaggi che l’Occidente lo hanno fatto grande, come Colombo, a ben vedere.

    Salvador Dalì, La scoperta dell’America con la forza del sogno di Cristoforo Colombo, 1959, Il Museo Di Salvador Dalí, San Pietroburgo

    Identikit dello Scopritore dell’America

    Di Colombo è stato detto e scritto moltissimo, per cui in questo contributo mi limiterò ad evidenziare alcune prerogative dell’uomo che scoprì l’America. Non entrerò nell’annosa questione delle origini colombiane – alla quale riserbo un intervento a parte – ma mi soffermerò sul carattere dell’Ammiraglio.

    Energico, testardo, capace e visionario. Uomo dalla tempra straordinaria (era capace di vegliare per giorni e notti interi, fino a quando gli occhi gli si iniettavano di sangue e le cose gli apparivano deformate), diceva di trarre la sua forza da una specie di “fuoco” (usava proprio questo termine) che lo divorava. Era un “fuoco mistico”? Forse. «Fu devoto soprattutto della Madonna e di San Francesco – osservò Paolo Emilio Taviani, uno dei massimi storici di Colombo – conosceva a perfezione il Nuovo Testamento e lunghi tratti del Vecchio Testamento»[1]. Era devotissimo e convinto che Dio lo avesse guidato per fargli scoprire un Nuovo Mondo da istruire alla religione cristiana. Perfino quando – al termine del primo viaggio – si trovò in mezzo all’Oceano in burrasca, guardando la morte in faccia e rischiando di vanificare l’intera spedizione, Colombo credette di avere Dio dalla sua parte. Si sforzò con tutto se stesso: «Gli recavan conforto le mercedi che Dio gli aveva fatto assicurandogli sì grande vittoria, consentendogli di scoprire quel che aveva scoperto, e avendo Egli esaudito ogni suo desiderio, dopo aver sopportato in Castiglia contrarietà e avversità senza nome. E come per il passato aveva posto il suo fine e dedicato ogni suo sforzo a Dio, ed Egli lo aveva ascoltato, concedendogli quanto aveva osato sperare, così doveva credere che gli avrebbe consentito di portare a buon fine quanto aveva cominciato, e che lo avrebbe condotto in salvo»[2].

    La sua religiosità traspare anche dai nomi dati alle isole. Prima, San Salvador. Poi, Santa Maria. E così via, passando da Ferdinandina a Isabela, come i re di Spagna, sovrani cattolicissimi e unti da Dio. «Fin dal primo istante delle due ore del venerdì 12 ottobre [1492], Colombo sente questo ampliamento dell’Occidente cristiano e, con quel fuoco interiore di cui parlerà ai re, battezza le terre e le cose che scopre»[3].



    È poco noto, ma Colombo fu terziario francescano. Si recava quotidianamente a Messa (almeno, quando ciò gli era possibile) e pretendeva dai suoi uomini una devozione, se non pari alla sua, almeno nella norma dei buoni cristiani. Il fatto è che i suoi compagni di viaggio erano in parte rozzi energumeni, rudi lupi di mare, ed in parte erano ricchi hidalgos, ben lieti i primi di ritemprare il corpo dopo le privazioni dei viaggi oceanici ed i secondi di imporre la loro volontà sulle popolazioni inermi del Mesoamerica. Insomma: Colombo faticò per portarli a Messa. E ne ebbe in tutta risposta azioni violente ed isteriche, in alcuni casi anche sacrileghe: in un caso, mani anonime svuotarono le acquasantiere della chiesetta ove era solito recarsi l’Ammiraglio riempiendole di urina.

    Colombo non si dava per vinto. Voleva che gli indios imparassero almeno le principali preghiere a memoria, poi Dio avrebbe fatto la sua parte. Un navigatore catechista, che si opponeva ai battesimi di massa perché prima voleva essere sicuro che almeno l’abc del cattolicesimo fosse stato appreso.

    Dunque: un catechista, con afflati di misticismo. C’è un passo, nel suo resoconto del quarto viaggio, che rivela una sua vera e propria crisi mistica, per quanto giustificata dalla febbre e dall’aver assistito alla morte di molti suoi compagni, attaccati dagli indios nella regione del Veragua (Panama). Addormentatosi, Colombo racconta di aver udito una voce che diceva: «Oh, stolto e tardo a credere e a servire il tuo Dio, il Dio di tutti gli uomini. Forse fece Egli di più per Mosè e per David, il Suo servo? Da quando nascesti, Egli ti ebbe in gran cura. Quando ti vide in età della quale fu contento, meravigliosamente fece risuonare il tuo nome per tutta la terra, le Indie, che sono parte così ricca del mondo, ti diede; tu le hai ripartite a chi meglio ti piacque e fu Lui a darti il potere per farlo. Ti diede le chiavi delle barriere del Mare Oceano che erano sprangate con catene sì forti; e fosti obbedito in tante terre e ti guadagnasti tanto onorata fama fra tutti i cristiani. Forse fece Egli di più per il popolo di Israele quando lo trasse dall’Egitto, o per Davide, che da pastore qual era lo fece Re in Giudea?»[4].
    Taviani, nel riconoscere la sua profonda spiritualità, evidenziò anche il suo spiccato orgoglio, poiché l’Ammiraglio si riconobbe nelle profezie di Gioacchino da Fiore, ritenendosi colui che avrebbe iniziato la «terza era», quella dello Spirito Santo, identificata dal mistico calabrese. «Tanto forte era la “fede” in Colombo, tanto flebile e saltuaria la “carità”. Perciò non fu né un grande né un piccolo santo. Fu – e non è poco – un convinto, profondo, tenace “defensor fidei”»[5].

    Defensor fidei, dunque. Ed è vero. Cristoforo Colombo si sentiva realmente insignito di questo incarico. Forse era influenzato anche dal significato letterale del suo nome – portatore di Cristo – e firmava i documenti definendosiChristo Ferens; non solo: la sua stessa firma formava un triangolo – l’occhio di Dio? – e le sue lettere iniziavano spesso con invocazioni alla Santissima Trinità o con giaculatorie del tipo: «Jesus cum Maria sit nobis in via».



    Colombo schiavista?


    In America, si obietterà, egli però andava per cercare essenzialmente una cosa: l’oro. Fine poco nobile per un uomo della religiosità di Colombo. Eppure, quell’oro aveva una duplice funzione: convincere i reali di Spagna della grandiosità della scoperta effettuata e spingerli a finanziare una crociata che liberasse la Terra Santa. La riconquista del Santo Sepolcro non era un sogno vano, da uomo del Medioevo; era invece una necessità del presente, tanto più che i turchi ottomani stavano dilagando in Europa e che era necessario difendere la cristianità con un esercito di crociati. Ecco perché Colombo cercava l’oro in America[6].

    L’oro lo ossessionava, al punto da diventare un suo chiodo fisso. Ne parla continuamente, in tutta la sua corrispondenza. Forse, l’accecamento dell’oro lo portò ad alcuni grossi errori. Forse, la sua abnegazione e il suo fortissimo dovere civico di cristiano e di suddito delle Maestà Cattoliche lo portò a scelte che oggi non considereremmo accettabili, come quella di inviare in Spagna i primi carichi di schiavi dal Nuovo Mondo.

    Su questo punto, però, bisogna fare chiarezza, evidenziando il fatto che Colombo non fu uno schiavista come spesso viene narrato dai militanti dell’internazionale di sinistra. Fu tutt’altro. I suoi schiavi erano indigeni sì costretti ad un viaggio pericoloso attraverso l’Oceano, ma anche destinati ad un avvenire che – nell’idea dell’Ammiraglio – era migliore di quello cui erano destinati in America. Per l’uomo-Colombo, i nativi dei Caraibi erano simili ai selvaggi, parola che nell’immaginario medioevale indicava dei sub-umani, dei meschini ignari della civiltà che è essenzialmente la vita nella civitas. Colombo voleva fare dei selvaggi americani dei civis, cittadini che avrebbero beneficiato della magnificenza delle città europee, della loro cultura e, soprattutto, che avrebbero potuto essere instradati alla vera fede cristiana. Oltretutto, questi “schiavi” erano dei privilegiati, che potevano fuggire da un avvenire incerto, nel quale l’arrivo dei perfidi cannibali (e sappiamo che Colombo fu inorridito dalla scoperta dei cannibali dei Caraibi) poteva stravolgere la vita di una comunità. A ciò, si aggiunga il tentativo di sottrarre gli indios dalle angherie di alcuni hidalgos. L’Ammiraglio agì dunque con un fine umanitario, che a noi può sembrare discutibile, ma che all’epoca era forse l’unica scelta possibile.



    Il tentativo di santificazione


    In epoca recente, due pontefici centrali per la storia dell’epoca moderna – Pio IX e Leone XIII – hanno cercato di beatificarlo. Per ora, Colombo è riconosciuto «servo di Dio», in attesa di una beatificazione che – pare di capire, vista l’apatia dell’attuale pontificato dal discostarsi dai luoghi comuni – non avverrà prossimamente… oltreoceano non è un buon periodo per Colombo, considerato erroneamente il primo dei criminali conquistatori dell’America. E dire che, se ci fu un amico degli indios, quello fu proprio Cristoforo Colombo!

    Colombo, benché sia stato uno degli uomini più importanti di tutti i tempi e abbia fatto grande la Spagna, è stato da essa dimenticato assai presto, tanto che lo stesso continente che scoprì prese il nome di America in onore di Amerigo Vespucci. La Chiesa, dal canto suo, dimenticò di essere stata uno sponsor non secondario nella vicenda della grande scoperta. Riscoprì Colombo solo trecentocinquanta anni dopo, in pieno Risorgimento, quando c’era bisogno di esempi concreti di grandi uomini della cristianità per contrastare la violenta acredine anticattolica dei massoni. Ecco rispuntare dai vecchi archivi il nome di Colombo. Ovviamente, non era un esempio preso a caso: Colombo aveva vissuto davvero da cristiano modello.

    Proprio per il suo spirito di crociato “post litteram”, Colombo interessò particolarmente la Chiesa di Pio IX e di Leone XIII, bisognosi più che mai di figure di santi militanti e concreti, da schierare in battaglia contro atei, comunisti e massoni. Grazie alle pressioni dell’aristocratico conte Antoine Roselly de Lorgues, tra i primi storici “colombisti” moderni, fu avviata una travagliata causa di beatificazione, anche se – secondo le leggi canoniche vigenti – non sarebbe stato possibile raggiungere il traguardo della santità: mancavano testimoni e il resoconto di un vescovo del luogo dell’epoca di Colombo. Pio IX, forse influenzato dalla sua personale esperienza di nunzio in Sud America, ricevette il De Lorgues. Testualmente, disse al conte che la causa era difficile, ma che «non è vietato il tentare. Tentare non nocet»[7]. In ogni caso, con la caduta di Roma in mano italiana, la Chiesa entrò in un periodo di esilio che allontanò l’interesse verso la beatificazione di Colombo. Se ne riparlò con fervore nel 1892. In quell’occasione, Leone XIII, con l’epistola enciclica Quarto abeunte saeculo, in occasione del quarto centenario della scoperta dell’America, riservò a Colombo parole sorprendenti. Scrisse: «Infatti Colombo è uomo nostro. Per poco che si rifletta al precipuo scopo onde si condusse ad esplorare il mar tenebroso, e al modo che tenne, è fuor di dubbio che nel disegno e nella esecuzione dell’impresa ebbe parte principalissima la fede cattolica: in modo che in verità per questo titolo tutto il genere umano ha obbligo non lieve verso la Chiesa»[8].


    Spiaggia d’approdo di Cristoforo nell’isola di San Salvador
    Considerazioni

    Colombo non è stato santificato e, specie nel nostro magro presente, il suo nome non è sinonimo di eroismo. Tristi immagini di statue dell’Ammiraglio decapitate o rimosse sono testimonianza di un rancore ideologico ingiustificato, specie laddove – come ho dimostrato – Colombo cercò di salvare gli indios comportandosi in modo forse discutibile, ma non perfido.

    La sua figura è stata fondamentale e, più ancora di quella di altri esploratori, ha aperto la strada alla creazione di un’America latina cattolica e in comunione con la Chiesa di Roma. Alla vigilia dello scisma protestante, la scoperta di Colombo aprì la strada al successo della Spagna cattolica ed alla preservazione di vaste porzioni del Nuovo Mondo dalle devastazioni portate dai conquistatori protestanti che, a differenza dei loro omologhi spagnoli, non dialogarono con gli indios, ma li confinarono in patetiche riserve, fino allo sterminio ultimo per inedia, dipendenze dall’alcool e depravazioni morali. La Spagna, per quanto portatrice di un modello che dimostrò enormi difetti, non fu la dominatrice inflessibile che viene descritta, ma fu ben più clemente e conciliante della nemica storica, l’Inghilterra. Forse varrà la pena analizzare anche questo aspetto in un futuro contributo.


    [1]P. E. Taviani, L’avventura di Cristoforo Colombo, Il Mulino, 2001, Bologna, p. 285.
    [2]C. Colombo, Gli scritti, Einaudi, Torino, 1992, pp. 125-126.
    [3]A. Caturelli, Il Nuovo Mondo Riscoperto, Ares, 1992, p. 81
    [4] C. Colombo, op. cit., pp. 340-341.
    [5] Taviani, op. cit. p. 286.
    [6] Taviani, op. cit. p. 285.
    [7] A. Marini Dettina, Suppliche per la canonizzazione di Cristoforo Colombo, in: AA.VV., Atti del II Congresso Internazionale Colombiano, Cescom, Cuccaro Monferrato, 2009, p. 665.
    [8] Leone XIII, Quarto abeunte saeculo.





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