“Sardegna ispanica” di Francisco Elías de Tejada

05 Febbraio 2020 - 09:52




(Gianandrea de Antonellis) Sardegna ispanica (Solfanelli, Chieti 2020, p. 382, € 18), presenta una notevole trattazione della cultura e delle istituzioni della Sardegna tra XIV e XVIII secolo. Ne emerge un quadro articolato, dove trovano posto espressioni letterarie e dottrine politiche, ricostruzioni storiografiche e prospettive teologiche. Lungo il percorso che va dalle origini aragonesi all’età di Carlo II, una cura particolare è dedicata allo studio del pensiero giuridico ed all’analisi dell’impianto istituzionale, in ispecie dei Parlamenti. Di questi viene tematizzato il carattere rappresentativo, quale segno di libertà e via di autonomia, nel contesto di una federazione di regni retta da una comune dinastia. Il saggio del massimo studioso del pensiero politico ispanico nella penisola italiana, Francisco Elías de Tejada y Spínola (1917-1978), uno dei più rilevanti storici e filosofi del diritto e della politica del XX secolo,non si rivolge soltanto a chi è interessato alle vicende storiche della Sardegna tra il XIV ed il XVIII secolo, bensì è un testo che può essere molto utile a chiunque voglia conoscere il modo in cui funzionava la Monarchia Cattolica e comprendere quale distanza – anzi, quale abisso – la separi dalle Monarchie assolute di Ancien Régime.

La cultura a noi contemporanea tende ad attribuire le caratteristiche dell’assolutismo anche alle epoche anteriori, cioè a quella medioevale e a quella post-medioevale.Ciò avviene a causa di una distorsione che, sulla scorta dei quattro idòla individuati da Bacone (specus: della caverna, il percorso conoscitivo personale; tribus: della tribù, i pregiudizi sociali; fori: del foro, il linguaggio; theatri: del teatro, le dottrine filosofiche del passato) potremmo definire idola temporis, “del proprio tempo”, che a differenza degli idola theatri, lenti deformanti derivate dai sistemi filosofici del passato, provengono dal pregiudizio, tipicamente moderno, che tende ad interpretare tutto – compresi i fatti (e quindi il diritto) del passato – alla luce della mentalità nostra contemporanea. Eppure dovrebbe essere palese che le mentalità dei nostri progenitori vissuti all’epoca dell’Impero romano o di quello ispanico differivano enormemente rispetto alla nostra, e che è del tutto incongruo pretendere che quest’ultima costituisca la pietra di paragone con la quale vagliare la maggiore o minore bontà di ogni scelta effettuata in passato alla luce di quanto avverrebbe presumibilmente ai nostri giorni. È l’errore, ad esempio, degli studiosi di formazione marxista che pretendono di ridurre ogni decisione umana a mere questioni economiche.

In realtà fino al XVII secolo gli Stati europei non furono assolutisti e in seguito solo l’esempio di Luigi XIV, grazie all’espandersi della dinastia Borbone nelle Spagne, esportò il modello assolutista anche nel Paesi che vantavano una lunga tradizione giuridica autonoma basata sul diritto naturale e sul diritto consuetudinario, come la Penisola Iberica, il Regno di Napoli e quello di Sicilia.
La Monarchia tradizionale (cui peraltro nel 1954 Elías de Tejada dedicò un imprescindibile saggio, La Monarchia tradizionale, tradotto dalla casa editrice napoletana Controcorrente nel 2001), invece prevede la moderazione del potere monarchico attraverso la presenza di corpi intermedi, rappresentati in Sardegna come in altri Regni dal Parlamento (o meglio i Parlamenti, poiché non si riunivano in seduta permanente, come le attuali istituzioni repubblicana o repubblicano-coronata), a cui partecipavano rappresentanti dei tre bracci (o stamenti): militare (cioè nobiliare), ecclesiastico e reale (cioè popolare). Il potere del Re è quindi temperato dall’alto dal rispetto dovuto alla legge naturale (e quindi dalla Chiesa, principale interprete di tale diritto) e dal basso dal controllo esercitato dai corpi intermedi.

Il concetto non riguarda solamente il Regno di Sardegna, bensì l’intera Monarchia Cattolica: concetto, però, quasi del tutto dimenticato, poiché anche in tanta manualistica viene fatta passare l’idea che le leggi dei singoli Paesi siano sempre state create dall’alto, da una fonte suprema (il Re prima, il Parlamento poi, sempre e comunque sovrani) e non fossero, invece, in ampia misura la ricezione di un diritto preesistente, formatosi attraverso l’uso e confermato dalle consuetudini, prima di essere riconosciuto dal Re e trascritto in una legge (con atto ricettivo, quindi, e noncreativo).

Tutti questi elementi – funzionamento giuridico-amministrativo della Monarchia tradizionale e differenza con la monarchia assolutista di Ancien Régime; presenza di una tradizione legislativa autonoma, legata al diritto naturale ed alle consuetudini locali; e, di conseguenza, indipendenza e non subordinazione del Regno – sono ben messi in evidenza nel presente saggio.
Ecco perché la sua lettura è raccomandabile non soltanto a studiosi di questioni sarde, ma a tutti coloro che vogliano com*prendere il reale funzionamento della Monarchia universale ispanica, vera erede della Cristianità medioevale, al di là della leggenda nera che è stata creata per occultarne lo splendore.



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