La Dominazione Araba in Sicilia
La dominazione araba in Sicilia; quale civiltà?
Breve analisi di un luogo comune
Uno dei luoghi comuni più duri a morire, largamente diffuso in ambienti ''colti'' e non, dipinge ormai da secoli la dominazione araba in Sicilia come particolarmente illuminata, pacifica ed esemplare, strizzando l'occhio, a questo proposito, un occhio colpevole ad una coesistenza, ritenuta possibile, con gli attuali immigrati islamici discendenti di cotanti prestigiosi rogenitori. Eppure, già nel 1875, non condividendo affatto l'opinione dei suoi colleghi lo storico tedesco Ferdinand Gregorovius così si esprimeva, con un giudizio controcorrente di straordinaria attualità, sull'argomento, oggetto di questa breve analisi:
"Storici italiani si compiacciono oggigiorno con una certa predilezione romantica del periodo arabo in Sicilia. Ma possiamo veramente dire che il dominio degli arabi laggiù fu diverso da quello dei selvaggi stati africani? I saraceni furono perlomeno tanto incapaci di creare, in Sicilia e in Calabria, una nuova e significante cultura per l'Occidente, quanto non lo furono i turchi in Asia MInore e in Grecia. Essi vi distrussero, cosa deplorevolissima, i resti del mondo antico; con i conventi che misero a fuoco scomparvero anche numerosi tesori letterari dell'antichità"
Poco o nulla pare cambiato da quel lontano 1875 anzi, come spesso accade, l'opinione comune sulla ''tolleranza'' islamica si è tramutata in certezza popolare. Intellettuali e politici, siciliani e non, rivaleggiano monotoni nell'esaltare quel ''laboratorio della tolleranza'' che gli arabi avrebbero realizzato nella nostra regione nel corso della loro lunga occupazione, riproponendone il modello per i tempi a venire.
Ma possiamo veramente dire che il dominio degli arabi nella nostra isola sia stato pacifico, illuminato ed esemplare? O che il prezzo pagato dalle terre occupate al tocco civilizzante dell'Islam sia da considerarsi tutto sommato accettabile? Anche il massimo studioso della materia, Michele Amari, autore di una monumentale 'Storia dei musulmani di Sicilia' fonte a cui tutti sono obbligati ad attingere, pur non essendo sempre propenso a preferire le testimonianze dei vincitori non nasconde affatto molte sgradevoli verità.
Ma su queste verità la massa degli storici successivi ha preferito minimizzare o addirittura tacere, spesso privilegiando i giudizi interessati dei cronisti arabi o scegliendo la via dell'esaltazione acritica del periodo in questione.
PIRATI E MERCANTI DI SCHIAVI
Dopo la morte di Maometto(632) la guerra santa contro gli ''infedeli'' da lui stesso avviata si indirizzò rapidamente fuori dall'Arabia, interessando, oltre all'Oriente, tutto il Mediterraneo. Fu un evento travolgente e del tutto inatteso. Numerosi erano i nomadi e i beduini; in essi violente pulsioni, odio verso tutti gli stranieri che, secondo le direttive del profeta, bisognava sottomettere o sterminare si armonizzavano con le aspettative di bottino e con l'attesa di eterni e sensuali godimenti oltremondani.
Ben presto anche la Sicilia, estrema propaggine di un impero bizantino in decadenza, divenne oggetto di sanguinose e rapaci scorrerie. Un primo grave episodio si verificò nel 652, quindi Siracusa subì un saccheggio con relativo massacro nel 669. Da allora con alterna regolarità l'isola, tra le più prossime terre cristiane, divenne meta privilegiata dei predoni maomettani.
Dopo la caduta di Cartagine e l'occupazione di Pantelleria(700) il flagello si intensificò ulteriormente con il preciso intento ''di catturare quanta più preda fosse possibile''. Di che genere di preda si trattasse, a danno dei popoli mediterranei,e in che quantità lo chiarisce Amari:''Abbiamo da buone autorità che in coteste imprese del Mediterraneo e del continente d'Africa fosser fatti trecentomila prigionieri...la maraviglia cesserà ove si pensi che gli uomini eran forse il più lucroso bottino''
I saraceni vendevano infatti le prede umane al mercato degli schiavi e presso gli harem o chiedevano per esse lauti riscatti. Ma nel 740 questi rapaci predoni si spinsero oltre. Siracusa subì un nuovo assedio, ad opera come il precedente di aggressori provenienti dalla Tunisia, e fu costretta al pagamento di un tributo in cambio della cessazione degli atti di pirateria. Ciò costituì un precedente, gli arabi ricattarono così molte città costiere approfittando delle scarse reazioni dell'Impero d'Oriente, impegnato in Italia anche contro i longobardi. Schiavismo e ''mafia'' dei mari, questo i nostri antenati conobbero della ''civiltà islamica'' fino a quel momento.
E così fu anche durante il predominio Aghlabita:''furono avviate nuove intese(805-813) sempre basate sul pagamento di tributi e su concessioni apparentemente non garvide di conseguenze ma in realtà tali da mettere sempre più la provincia sicula nelle mani dei musulmani''
(L. Gatto)
CONQUISTA E CRUDELE AMMINISTRAZIONE AGHLABITA
Regnante in Africa Minore e in Tunisia il terzo sovrano della dinastia Aghlabita, Zlhddat Allah e persistendo forti contrasti interni tra le fazioni e tra i notabili arabi, si giunse alla decisione di attaccare la Sicilia allo scopo di conquistarla. Un ruolo decisivo fu svolto dal giurista coranico(Kadì) asad che pensò di placare gli animi dei suoi correligionari portando la ''guerra santa''(jihad) sulla vicina isola. Lo spunto venne fornito dalla ribellione del comandante la flotta bizantina Eufemio. Questi sciaguratamente condusse i musulmani allo sbarco di Mazara(15 giugno 827) forse convinto che l'iniziativa avrebbe avuto solo il significato di ripicca nei confronti di Costantinopoli. La conquista di Mazara fece da base per la successiva espansione. Sconfitte le ultime resistenze bizantine(il patrizio Teodato non riuscì ad emulare Carlo Martello) fu intrapreso il lungo assedio di Palermo conclusosi con la capitolazione della città nel settembre 831. la Sicilia divenne una provincia dello Stato Aghlabita.
L'espansione nel resto dell'isola non fu però istantanea, da un lato perché essa servì d'appoggio per scorrerie e spedizioni verso altre mete(una per tutte Roma nell'846) secondo gli usi di conquista arabi, dall'altro per la tenace opposizione di alcune roccaforti cristiane, quali Catania; Taormina; Rometta l'indomita, ultima a cedere nel 965.
Tuttavia dopo lunghi assedi, stragi, saccheggi e riduzioni in schiavitù molti importanti centri urbani caddero via via in mani islamiche: così fu per Agrigento, Enna o la martoriata Siracusa. La definitiva resa bizantina giunse nell'896 e la Sicilia e i siciliani furono abbandonati al proprio destino.
L'amministrazione Aghlabita,secondo tutte le fonti, si distinse per crudeltà del suo dominio, apoco valgono le scusanti che alcuni adducono addebitando gli eccessi alle necessità di conquista. Dall'831 al 912 si trattò di 81 anni di spietata oppressione, non mancarono le forzate apostasie e numerosi furono i martiri e le fughe. Esemplare fu l'uccisone del siracusano Niceta di Tarso, acerrimo nemico del profeta Allah e dei suoi seguaci. catturato con molti altri nella Chiesa di san Salvatore, fu scorticato dal petto in giù e gli venne strapapto il cuore quindi si accanirono ulteriormente su di lui finendolo a morsi e a colpi di pietra. Nella sola Siracusa le fonti saracene parlano di quattromila morti. E' necessario accennare qui anche alla vicenda relativa al martirio del monaco palermitano San Filarete.
In seguito all'invasione dell'Isola, con altri monaci basiliani, si era rifugiato in un monastero calabrese e fu proprio in calabria che andò incontro al martirio. caduto nelle mani dei saraceni subì tremende torture venendo infine decapitato; anche la sua storia testimonia sia nella fuga, evidentemente non si fidò della tanto conclamata ''tolleranza'' esercitata dai seguaci del Profeta, che nel martirio di che natura fosse ed è ancora(gli islamici non hanno perduto infatti il vizio delle decapitazioni) la loro cosiddetta civiltà.
STAT CRUX DUM VOLVITUR ORBIS
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