Il mito della tolleranza in Andalusia(di Guglielmo Piombini su Radici Cristiane n. 39)
Nel suo fondamentale studio Eurabia, Bat Ye’or ha rivelato al pubblico l’esistenza di un progetto di graduale trasformazione del vecchio continente in un appendice del mondo arabo-musulmano, perseguito attraverso le strutture del cosiddetto “dialogo Euro-Arabo”, un ombrello di organizzazioni controllato dalle élite politiche dell’Unione Europea e del mondo arabo.
Eurabia
L’Eurabia è essenzialmente un progetto politico che mira alla simbiosi tra Europa e mondo musulmano per ricreare, come ai tempi dell’Impero Romano, un nuova entità politica che abbracci tutto il Mediterraneo.
Gli strumenti che le élite politiche stanno mettendo in atto per realizzare questo obiettivo sono: la promozione dell’immigrazione di massa di musulmani in Europa, la presentazione benevola della storia e della religione musulmana nelle università e nei mezzi d’informazione, la lotta al Cristianesimo e alle identità nazionali, la promozione del multiculturalismo, l’introduzione di reati d’opinione come l’islamofobia per colpire giudiziariamente le critiche all’islamismo.
Il mito andaluso
Un progetto del genere, che sarà verosimilmente osteggiato dalla popolazione europea autoctona, necessita di miti ideologici per essere portato avanti. Il più diffuso è senza dubbio il “mito andaluso”, secondo cui la Spagna medievale prima della Reconquista cristiana rappresentava un bellissimo esempio di tolleranza e pacifica convivenza tra musulmani, cristiani ed ebrei.
Quel modello dimostrerebbe che un islam illuminato esiste ed è esistito, e che una società multiculturale a prevalenza islamica, cioè il futuro che le élite eurabiche stanno preparando per il vecchio continente, non deve far paura a nessuno.
Peccato che le ricerche storiche più approfondite abbiano dimostrato che quello della tolleranza andalusa, a dispetto della sua continua diffusione nei media politicamente corretti, non sia altro che un vero e proprio capovolgimento della realtà.
La conquista e l’occupazione islamica della Spagna furono caratterizzate infatti da un continuo uso della violenza. La Spagna venne invasa nel 710-716 d.C. da tribù arabe originarie della penisola arabica, che compirono immense razzie, schiavizzazioni, deportazioni e uccisioni delle popolazioni conquistate.
La maggior parte delle chiese vennero convertite in moschee. Dopo la conquista seguì la colonizzazione della penisola iberica attraverso una massiccia immigrazione berbera e araba.
Nelle regioni iberiche che si vennero a trovare sotto una stabile controllo islamico i cristiani e gli ebrei vennero relegati, come in tutto il resto del mondo islamico, nella condizione di dhimmi, vera e propria forma di apartheid su base religiosa che si manifesta attraverso il pagamento di una tassa, la jizya, e molte altre forme umilianti di sottomissione dei popoli “infedeli” ai padroni musulmani.
La società andalusa venne infatti divisa per caste, con al vertice i conquistatori arabi, seguiti dai colonizzatori berberi, dagli iberici convertiti all’islam (chiamati Muwalladun) e infine dai dhimmi cristiani (detti mozarabi) ed ebrei.
In quanto cittadini di infima classe, i dhimmi non potevano costruire nuove chiese o sinagoghe né restaurare quelle vecchie; erano segregati in speciali quartieri, dovevano portare abiti che li rendessero riconoscibili ed erano soggetti ad una pesante tassazione speciale; nelle campagne i contadini cristiani diventarono una classe servile al servizio dei padroni islamici; feroci rappresaglie mediante mutilazioni e crocifissioni punivano implacabilmente i mozarabi che chiedevano aiuto ai re cristiani.
Esempi di convivenza islamica…
L’umiliante status imposto ai cristiani e la confisca delle loro terre provocarono continue rivolte, punite con massacri, a Toledo (761, 784-86), Saragozza (dal 781 al 881), Cordoba (805), Merida (805-813, 828) e di nuovo a Toledo (811-819).
Talvolta gli insorgenti vennero crocifissi, come prescrive il Corano alla sura 5, 33 («La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba dai lati opposti o che siano esiliati sulla terra»). La rivolta di Cordova dell’818 venne repressa con tre giorni di massacri e saccheggi, al termine dei quali trecento notabili cristiani vennero crocifissi e ventimila famiglie espulse.
Al-Andalus rappresentava la terra del jihad per eccellenza. Ogni anno, talvolta anche due volte all’anno, dalle regioni meridionali della penisola iberica partivano i raid dei musulmani per la conquista di bottino e schiavi nei regni cristiani del nord della Spagna, nelle regioni basche, nella Francia e nella valle del Rodano.
I corsari andalusi attaccavano e invadevano le coste dell’Italia, della Sicilia e delle isole egee, saccheggiando e bruciando tutto quello che incontravano. Migliaia di persone vennero deportate come schiavi in Andalusia, dove il califfo manteneva una milizia composta da decine di migliaia di schiavi cristiani catturati in ogni parte d’Europa, e un harem di donne cristiane catturate.
Uno dei più importanti giuristi arabo-andalusi dell’epoca, Ibn Hazm di Cordoba (morto nel 1064) scriveva che Allah aveva stabilito la proprietà degli infedeli al solo scopo di fornire bottino ai musulmani.
Anche la dinastia berbera degli almohadi, che regnò in Spagna e Nord Africa dal 1130 al 1232, arrecò enormi distruzioni alla popolazione cristiana ed ebrea. Questa devastazione, realizzata mediante massacri, prigionie e conversioni forzate, è stata raccontata da alcuni scrittori ebrei, come il cronista Abraham Ibn Daud e il poeta Abraham Ibn Ezra.
Quando non erano convinti della sincerità delle conversioni degli ebrei all’islam, gli inquisitori musulmani (che precedettero di tre secoli quelli cristiani!) sequestravano i bambini di quelle famiglie per affidarli ad educatori musulmani.
Nel suo libro Moorisch Spain lo storico Richard Fletcher conclude quindi che «la Spagna dei Mori non fu una società tollerante e illuminata nemmeno nelle sua epoca più raffinata».
Un piano di scristianizzazione
Questa terribile eredità della dominazione musulmana nella penisola iberica è rimasta impressa fino ad oggi nella memoria degli spagnoli. Ogni anno, in una tradizione che risale al XVI secolo, i villaggi spagnoli festeggiano la liberazione dai Mori durante i festival “Moros y Cristianos”, nei quali viene distrutta e bruciata l’effigie di Maometto (chiamata “la Mahoma”).
Solo dopo l’attentato dell’11 marzo 2004 alla stazione di Madrid, che ha fatto 192 vittime, alcuni villaggi, come quello di Boicarent vicino a Valencia, hanno deciso di interrompere la plurisecolare tradizione per paura di ritorsioni.
Da parte sua il governo socialista di Zapatero, salito al potere solo grazie all’effetto dell’attentato, ha approvato un piano che limita l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche e che prevede finanziamenti per l’insegnamento della religione islamica e per la costruzione di moschee a favore del milione di musulmani che già vivono nel Paese iberico.
Il cardinale Antonio Maria Rouco Varela ha denunciato la politica filo-islamica dei socialisti come un tentativo di cancellare secoli di storia spagnola per riportare il Paese alla situazione precedente alla Reconquista.
È prevedibile che questo progetto di sradicamento forzato dell’identità cristiana della Spagna, se mai andrà in porto, non riporterà in auge una nuova Andalusia “tollerante e multiculturale”, che non è mai esistita se non nelle menzogne di chi falsifica la storia per professione, ma riporterà in vita i secoli più tragici della storia spagnola.
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