L’epopea dell’evangelizzazione dell’America e la nascita del Brasile


23 Marzo 2020




Quando all’alba del 12 ottobre 1492 la vedetta Rodrigo di Triana gridò finalmente “Terra!”, dopo quasi 2 estenuanti mesi di navigazione, pochi sospettavano che si aprisse per l’Europa e per la Chiesa una nuova epoca storica.

Accorso in fretta sul ponte di comando, l’ammiraglio Cristoforo Colombo – successivamente creato Duca di Veraguas per questa impresa – osservava col cannocchiale le verdeggianti montagne che emergevano dalle brume mattinali, pensando di aver scoperto il “passaggio per l’India”. Aveva, invece, scoperto l’isola caraibica di San Salvador, dando così inizio all’epopea dell’evangelizzazione dell’America.

Nell’opinione di molti, l’America era il premio che la Spagna riceveva dalla Provvidenza per aver portato a compimento la Reconquista. Il popolo spagnolo passò così, senza soluzione di continuità, dalla Riconquista alla Conquista.

Ma affianco alla Spagna vi era un’altra nazione, pure essa appena uscita da una Riconquista contro i mori e animata dallo «zelo ardente per il Signore degli eserciti» (1Re 19, 10). Era il piccolo ed eroico Portogallo, che a Sagres aveva fondato una moderna Accademia navale, da dove salpavano valorosi marinai alla scoperta di terre lontane.

Quando il 22 aprile 1500 le navi del capitano Pedro Alvares Cabral approdarono sulla costa orientale dell’America del Sud, ebbe inizio un’epopea parallela e non minore a quella spagnola, che avrebbe portato in seno alla Civiltà cristiana l’immenso territorio oggi occupato dal Brasile. Dopo una Santa Messa il capitano Alvarez prese ufficialmente possesso di quei territori, battezzandoli “Terra della Vera Croce”. L’atteggiamento degli indigeni, più incuriositi che intimiditi, era di pacifica cordialità

Alla stregua di quella spagnola, anche nella Conquista portoghese predominava l’animo evangelizzatore. Progressivamente, la Terra della Vera Croce venne divisa in 19 Capitanerie, governati da altrettanti Capitani Generali, con autorità su tutti i territori ad ovest dei loro insediamenti. Inizia così l’espansione verso l’altra sponda del continente, causando non pochi problemi di confini con le colonie spagnole, definitivamente risolti solo nel 1750 col Trattato di Madrid.

L’anima del nuovo Paese, ormai più conosciuto come Brasile si forgiò nella lotta contro l’invasore protestante. Le ricchezze della terra avevano attirato la cupidigia degli olandesi, che nel 1624 presero d’assalto la capitale, Bahia. Il vescovo convocò prontamente una “crociata contro i calvinisti”, che finì con la vittoria dei cattolici. L’avventura eretica era durata poco più di un anno.

Nel 1630, 70 navi da guerra olandesi attaccarono la città di Pernambuco, conquistandola dopo una sanguinosa battaglia durata alcuni giorni. Questa volta, l’occupazione protestante del Nord-Est sarebbe durata ben 24 anni. I brasiliani subito iniziarono la riconquista, definita dalle autorità ecclesiastiche una autentica crociata contro gli eretici, e finita con la brillante vittoria di Guararapes, che segnò il crollo definitivo del dominio olandese in Brasile.

È in questo contesto di spiccato spirito di Fede che si inserisce l’impressa missionaria, portata avanti specialmente dai gesuiti. Gradualmente, i missionari convertirono centinaia di migliaia di indigeni, accogliendoli pari passu nella cultura europea. Mentre imparavano il Catechismo, gli indigeni apprendevano anche a lavorare la terra, ad allevare bestiame nonché a svolgere diversi mestieri utili. Dalla felice sintesi delle due culture nacquero diverse scuole artistiche tipicamente brasiliane, come lo stile “barocco mineiro”.

Ecco qualche pennellata del vero Brasile, così diverso da quello tutto carnevale e calcio presentato da certa propaganda odierna…

Questo testo di Julio Loredoè stato dalla rivista Radici Cristiane. Visita radicicristiane.it



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