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Tema: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

  1. #1
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    Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    Encuentro en Internet varias referencias a un artículo que ha publicado Juan Manuel de Prada en L'Osservatore Romano:

    http://www.lavanguardia.es/free/edic...470927333.html
    http://www.elplural.com/comunicacion...l.php?id=21582
    http://www.elsemanaldigital.com/arti...articulo=83755

    En dicho artículo parece ser que realiza duras críticas a la COPE pero -he ahí la novedad- desde un punto de vista católico y antiliberal, cercano al sentir de este foro.

    Parece que la primera referencia en España la realiza La Vanguardia (ver 1er enlace), pero lamentablemente en Internet sólo se encuentra una pequeña parte de lo que aparece en la versión impresa. En la versión digital de L'Osservatore tampoco se puede acceder al artículo original.

    Si alguien tiene acceso a la edición completa de La Vanguardia o de L'Osservatore Romano le rogaría que nos ampliase la información o, si es posible, que nos transcribiese el artículo.

    Por la breve cita que realizan los periódicos digitales del artículo, opino que Prada no puede más acertado y que, una vez más, demuestra ser un valiente. Los cerditos peperos y losantistas, como es lógico, ya andan bramando por la "blogosfera" y acusando a Prada de socialista, nazi, liberticida y otras lindezas habituales que les enseña su mentor Fedeguico. ¿Qué opináis vosotros?

  2. #2
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    Re: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    Federico hace tiempo que despotrica contra Prada, y el estilo de Prada cada día es más cristiano y mejor, creo que tenemos una batalla servida. Aunque bueno por suerte parece que los días de furia de Federico estan contados.Sinceramente le está bien empleado, quien quiere todo, todo lo pierde...

  3. #3
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    Re: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    Por fin encontré el artículo original. Va en italiano:


    Intervista a Juan Manuel de Prada
    Uno scrittore libero
    contro le ideologie




    di Andrea Monda
    A Roma per la presentazione del suo ultimo romanzo - Il settimo velo, appena tradotto da Longanesi - Juan Manuel de Prada non si tira indietro di fronte all'occasione di parlare anche di problemi apparentemente distanti dalla sua professione di scrittore; anche perché per il giovane enfant prodige della letteratura spagnola, scrivere non è una professione ma una missione. Ma questo non vuol dire che apprezzi la definizione di letteratura "impegnata".
    "Non mi convince questa parola - dice - e da un certo punto di vista preferisco la battuta di Borges che sosteneva di non scrivere "per una minoranza scelta, che per me non significa nulla, e nemmeno per quell'adulata entità platonica conosciuta come 'Le Masse'. Entrambe astrazioni, così care al demagogo, nelle quali non credo.Scrivo per me e per i miei amici, e scrivo per alleviare il passaggio del tempo"".

    Ma allora Juan Manuel de Prada perché scrive?

    Direi che io sento, avverto dentro di me il bisogno, la necessità di scrivere per spiegare ed esprimere attraverso la scrittura cosa mi preoccupa, cosa mi angoscia. Forse qui risiede il miracolo della letteratura: tu scrivi per dare sfogo alle tue ossessioni e scopri che ci sono persone che le condividono, che si riflettono in quello che scrivi. Ma lo scrittore non scrive per adulare o lusingare il pubblico: sarebbe un'assurdità; la sua missione è invece quella di scrivere delle sue inquietudini e di essere leali rispetto agli elementi che lo caratterizzano a livello estetico ed etico.

    Cos'è l'etica per uno scrittore? Scrivere bene o scrivere del bene?Forma o contenuto?

    Difficile rispondere. In passato si è parlato spesso di scrittura "impegnata" e di impegno etico nella scrittura, ma a volte questo si è rivelato una menzogna nel senso che questi scrittori erano impegnati nel senso di inseriti organicamente nei partiti politici, scrittori che avevano preso impegni nei confronti del partito, scrittori-lacchè, asserviti alle visioni ideologiche di precise forze politiche, in genere di quelle comuniste. Credo invece che scrittore debba essere "impegnato" verso l'uomo. In questo senso sono convinto che esiste una missione etica riconducibile alla scrittura come esiste in tutte le forme artistiche; ciò non vuol dire che l'artista deve essere una sorta di buonista, che ritrae solo ciò che c'è di buono nel mondo. In realtà l'artista deve contemplare la natura umana sia per quanto c'è in essa di luminoso sia per quanto in essa c'è di tenebra. Il problema sorge poi sul "come" si fa ad applicare questo principio etico, sul come lo scrittore poi praticamente scrive.

    La missione dello scrittore è quindi la lotta contro ogni riduzione ideologica dell'uomo?

    Esistono alcune realtà che sono costitutive della natura umana; una di queste è la religione, mentre ci sono altre realtà, come le ideologie; queste sono creazioni artificiose dell'uomo che diventano inevitabilmente camicie soffocanti, paraocchi imposti agli uomini che riducono il loro campo visivo. Le ideologie hanno storicamente dimostrato una capacità funesta di impoverire e ridurre l'umanità, rendendo gli uomini meno aperti e più settari, inducendoli a eliminare tutto ciò che è estraneo alla purezza dell'ideologia stessa.

    Ma non c'è un impoverimento oggi dovuto proprio alla fine delle ideologie?

    Una cosa sono gli ideali, un'altra le ideologie. Queste ultime, in quanto prodotto umano, sono destinate a scomparire, ma, finché ci sono, generano di continuo conflitti e contraddizioni nella storia degli uomini. Pensiamo ad esempio, a sinistra, all'ecologismo e al femminismo, che partono da ideali e valori condivisibili, come la tutela dell'ambiente e il progresso della condizione femminile; eppure da qui sono scaturite conseguenze disumane come quelle delle legislazioni abortiste. Ma anche la destra non è immune dal rischio fatale dell'ideologia, per cui ad esempio il valore dell'ordine e del rispetto ha portato ai recenti provvedimenti legislativi disumani varati in diversi Paesi. Nella mia attività di scrittore e giornalista lotto per abbattere i muri dell'ideologia e vado alla ricerca di un lettore che sia innanzitutto un essere umano, non un lettore che sia di destra o di sinistra, ma che sia ancora umano.

    Non pensa che anche la religione può degenerare in ideologia?

    Anche questo può accadere in questo nostro tempo a così alta temperatura ideologica, ed è un rischio terribile. Anche uomini religiosi possono diventare vittime dell'ideologia. Nei Vangeli è costante la condanna del fariseismo che secondo me è la forma più subdola di una religione ridotta a ideologia. Il fariseismo è infatti una sorta di sclerosi della fede, è qualcosa di simile al cristianesimo, ma solo dal punto di vista esteriore, mentre il contenitore al suo interno è vuoto, buono per ogni contenuto. Negli ultimi cinquant'anni ci sono stati diversi esempi di questo fariseismo: penso a quando alcuni settori della Chiesa sono stati influenzati dal marxismo e ci fu chi era convinto di aver trovato la soluzione a tutti i problemi sociali. Oggi curiosamente in Spagna il pericolo è l'ideologia della destra. In ambito cattolico, alcuni hanno creduto alle ideologie liberiste e hanno riempito il nucleo svuotato della fede con questi surrogati. Un esempio che voglio sottolineare è quello della Cope, la radio spagnola che si presenta come cattolica ma le cui principali voci sono anticattoliche o addirittura atee, in alcuni casi, furiosamente abortiste e con una visione della vita totalmente anticristiana. Una sorta di paradosso: una radio in apparenza cattolica, che si oppone al Governo attuale, diventa terreno fertile per la diffusione di idee e mentalità antireligiose. Insomma, una moderna versione del ricorrente fariseismo.

    Nella Spagna e nell'Europa di oggi come viene vista questa sua "missione" anti-ideologica?

    Diciamo che non c'è da stare tranquilli. In realtà io sono stato messo al margine in quanto "battitore libero" che si scontra contro il pensiero unico dominante intriso fortemente dall'ideologia. Sono quindi nello stesso tempo più debole ma anche più libero, una specie di franco tiratore della cultura dominante. Però penso che lo scrittore debba comunque restare coerente con la sua visione del mondo e della realtà. Da un po' di tempo mi mantengo un po' al di fuori del gioco ideologico: mi sono dichiarato contrario alla sinistra e ai suoi valori e tuttora considero la sinistra più insidiosa nel senso che essa è riuscita a imporre i suoi valori nella sensibilità e nella mentalità dominante un po' dappertutto in Europa; e tuttavia di recente sono stato anche molto critico nei confronti della destra, e in particolare sono intervenuto nel dibattito su liberismo e neoliberismo e le loro forme di applicazione. Le ideologie sono dannose per l'essere umano, invadenti ed escludenti insieme, che non si limitano al campo politico ma colonizzano ogni settore della realtà e della società producendo conseguenze nefaste. Penso ad esempio alla "morte del diritto": la crisi e la negazione del diritto naturale è di fatto figlia di una deriva ideologica che porta ad affermare che il diritto, ogni diritto, è un prodotto umano, una convenzione dell'ideologia del tempo. Questa diffusione a macchia d'olio dell'ideologia intacca e corrompe pure la letteratura; da questo punto di vista io mi sento nel panorama letterario europeo come un alieno, uno straniero in un territorio alquanto ostile. Mi viene da pensare a un racconto di Herbert George Wells in cui un uomo arriva in un paese abitato solo da ciechi e si convince che diventerà la guida di quel paese, ma scopre ben presto che i ciechi hanno in mente solo una cosa che subito realizzeranno: lo prendono e gli cavano gli occhi, non sopportando il fatto che lui veda.

    Il suo essere al margine, in mezzo, è forse dovuto alla sua fede cattolica?

    Penso che oggi ci sia un pensiero unico dominante contro il quale la voce dei cattolici appare spesso come fuori dal coro. Si sente ad esempio dire che i cattolici sono retrogradi in fatto di morale e progressisti per quanto riguarda problemi sociali: ovviamente questa è una visione distorta frutto dell'ideologia. Possiamo invece dire che siamo testimoni di un strano connubio tra destra e sinistra, per cui la sinistra ha rinunciato al suo afflato sociale così come la destra, per imporsi, ha fatto sua la visione etica della sinistra. Un compromesso al ribasso, in cui l'uno ha preso il peggio dell'altro. Quando qualcuno si alza a difendere un diritto naturale viene tacciato di conservatorismo. Ogni vero cattolico quindi è in questo senso "segno di contraddizione".

    Secondo il romanziere italiano Luca Doninelli, la definizione "scrittore cattolico" non ha molto senso, perché sarebbe come dire "scrittore biondo": che ne pensa?

    Sono d'accordo con Doninelli, anche se vorrei far notare che se si parla di "scrittore cattolico" vuol dire che il problema già esiste; se infatti noi diciamo "scrittori biondi" vogliamo sottolineare che ci sono pochi scrittori biondi e lo stesso vale per gli scrittori cattolici; come a dire che sono pochi quelli rimasti. Nel xv o xvi secolo una definizione del genere non sarebbe mai emersa, il che può far pensare che ci sia una ritirata del cattolicesimo dal campo della letteratura. Non mi piace quindi questa definizione, anche perché dobbiamo chiarire cosa significa "cattolico". Come è noto, questo termine vuol dire "universale", definizione perfetta anche per ogni scrittore, nel senso che per me scrittore, per dirla con i latini, nulla di ciò che è umano mi è alieno. È l'uomo al centro della ricerca di ogni scrittore, l'uomo con tutta la sua infinita debolezza e la sua incommensurabile grandezza, l'uomo colto nella sua condizione contraddittoria di chi vive "in un territorio per lo più occupato dal diavolo" per citare la grande scrittrice americana Flannery O'Connor, un territorio da cui viene di continuo tratto in salvo. Lo sguardo del cattolico nei confronti dell'uomo è uno sguardo di pietà e misericordia, che non dovrebbe mai sparire dalle pagine della letteratura.

    Ne Il nocciolo della questione Greene fa dire al protagonista che "Qui si potevano amare le creature umane quasi come le ama Dio stesso, conoscendo il peggio di loro"...

    Questo potrebbe essere il "motto" di tutta la mia poetica. Di norma i miei personaggi sono persone sofferenti, deboli, dolenti...peccatori nel senso evangelico del termine, pecorelle smarrite, che si dibattono nel fango del peccato ma che sono destinate comunque alla grandezza. La maggior parte dei miei personaggi, pur nell'oscurità in cui si muovono, possono però a un certo momento essere illuminati da qualcosa che li nobilita, che li rende "speciali", così come ogni peccato è speciale agli occhi di Dio, un Dio che ama ciascun uomo in modo particolare. Questo è il filo conduttore di tutta la mia scrittura a partire soprattutto da un mio romanzo, Le maschere dell'eroe, dove faccio il ritratto di uno scrittore un po' canaglia e bohémien che però si redime, e la stessa tematica la troviamo nell'ultimo, Il settimo velo, dove ci sono personaggi esposti alle peggiori debolezze umane, immersi in situazioni dominate quasi da uno spirito demoniaco come sono state le esperienze disumane del nazismo e del comunismo. Però anche in quei momenti così bui c'è negli uomini qualcosa di grande, anche nei personaggi che hanno abbracciato quelle terrificanti ideologie.

    Lei sembrerebbe quasi un pensatore, però è innanzitutto uno scrittore squisitamente "letterario"...

    È così. Attraverso i miei personaggi io mostro il mistero della vita che non voglio spiegare ma dispiegare. Essi sono un "riflesso ambulante" della mia visione del mondo ma lo sono soltanto in modo incarnato, non intellettuale. Sono quindi prima di tutto uno scrittore e vorrei dire che sono anche un difensore dei generi letterari, anche di quelli considerati "minori" come la fantascienza, il poliziesco, l'horror... Sono infatti convinto che nel loro convenzionalismo e nei loro luoghi comuni possiamo sempre trovare in quei generi qualcosa di originale. Un errore dell'arte contemporanea è invece la ricerca spasmodica dell'originalità a tutti i costi. L'arte davvero originale è quella che accetta le proprie convenzioni e i propri limiti, ma che rinnova quelle convenzioni dall'interno. Chesterton, ad esempio, con i racconti di Padre Brown ha accettato la convenzione del racconto poliziesco ma l'ha innovato dall'interno. La rivoluzione è sempre qualcosa di interiore, altrimenti è qualcosa di sterile. In questo senso anch'io nel mio piccolo potrei essere definito uno scrittore "classico".

    (©L'Osservatore Romano - 1 giugno 2008)

  4. #4
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    Re: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    La entrevista me ha gustado muchísimo, tanto que me he tomado la molestia de traducirla para que se entienda mejor:


    Entrevista a Juan Manuel de Prada
    Un escritor libre contra las ideologías

    Andrea Monda


    Ha venido a Roma para presentar su última novela (El séptimo velo), recién traducida por la editorial Longanesi. Juan Manuel de Prada no desaprovecha la oportunidad para hablar también de problemas aparentemente ajenos a su profesión de escritor. Para el joven niño prodigio de la literatura española, escribir no es una profesión sino una misión. Pero eso no quiere decir que aprecie la definición de literatura comprometida.


    «No me convence esa palabra --dice--, y desde cierto punto de vista prefiero la ocurrencia de Borges, que sostenía: “No escribo para una minoría selecta, que para mí no significa nada, ni siquiera para esa entidad platónica adulada conocida como `las masas’. Ninguna de ambas abstracciones, tan queridas para los demagogos, en las que no creo. Escribo para mí y para mis amigos, así como para pasar el rato"».

    Entonces, ¿para qué escribe Juan Manuel de Prada?

    Diré que siento, que advierto en mi interior la necesidad de escribir para explicar y expresar lo que me preocupa, lo que me angustia. Tal vez resida ahí el milagro de la literatura: escribes para desahogar tus obsesiones y descubres que hay personas que las comparten, que reflexionan sobre lo que escribes. Pero el escritor no escribe para adular o lisonjear a sus lectores; sería absurdo. Su misión consiste, por el contrario, en expresar por escrito sus inquietudes y ser leal a los elementos que lo caracterizan en los planos estético y ético.

    ¿En qué consiste la ética para el escritor? ¿En escribir bien o en escribir sobre el bien? ¿En la forma o en el contenido?

    Es difícil responder a eso. Se ha hablado de escritura comprometida y de compromiso ético en la escritura, pero a veces ha resultado ser falso, porque que esos escritores estaban comprometidos en el sentido de estar orgánicamente insertos en partidos políticos. Eran escritores que habían asumido compromisos relativos a su partido; escritores lacayos sometidos a visiones ideológicas de fuerzas políticas concretas, por lo general comunistas. Creo, por el contrario, que el compromiso del escritor debe ser para con el hombre. En este sentido, estoy convencido de hay una misión ética en la escritura como en todas las modalidades del arte. Eso no quiere decir que el artista deba ser una especie de buenista que solo represente lo que hay de bueno en el mundo. En realidad, el artista debe observar la naturaleza humana, tanto por lo que tiene de luminoso como por sus aspectos tenebrosos. El problema surge a la hora de ver cómo aplicar este principio ético, de ponerlo luego por escrito en la práctica.

    Entonces, ¿la misión del escritor consiste en luchar contra la reducción ideológica del hombre?

    Hay realidades que son parte constituyente de la naturaleza humana. Una de ellas es la religión, mientras que otras --como las ideologías—son creaciones artificiales que inevitablemente se convierten en sofocantes camisas de fuerza, anteojeras impuestas a los hombres que reducen su campo visual. Históricamente, las ideologías han demostrado una capacidad funesta para empobrecer y reducir a la humanidad, volviendo a los hombres menos abiertos y más sectarios, y llevándolos a eliminar todo lo que es ajeno a la pureza de la ideología en sí.

    Pero, ¿acaso no se ha producido hoy en día un empobrecimiento precisamente por el fin de las ideologías?

    Una cosa son los ideales y otra las ideologías. Estas últimas, por ser creaciones humanas, están destinadas a desaparecer. No obstante, mientras duran, generan continuos conflictos y contradicciones en la historia de la humanidad. Pensemos, por ejemplo, en la izquierda, el ecologismo o el feminismo, que parten de ideales y valores comunes, como la protección del medio ambiente y la mejora de la condición femenina. Sin embargo, han dado lugar a consecuencias inhumanas como las legislaciones abortistas. Pero la derecha tampoco es inmune al riesgo fatal de las ideologías, por el que el valor del orden y el respeto también ha llevado a aprobar en algunos países leyes inhumanas. Como escritor y periodista, lucho por derribar los muros de las ideologías y me dirijo a lectores que ante todo son seres humanos. No de derecha ni de izquierda, sino todavía humanos.

    ¿No cree que la religión también puede degneenrar en ideología?

    Eso también puede suceder en nuestros tiempos a causa de la elevada temperatura ideológica, y es un riesgo terrible. También quien es religioso puede volverse víctima de la ideología. Los Evangelios condenan constantemente el fariseísmo, que para mí es la forma más sutil de religión reducida a ideología. De hecho, el fariseísmo es una especie de esclerosis de la fe. Algo que se parece al cristiaismo, pero solo desde fuera, mientras que por dentro está vacío y se puede llenar con cualquier cosa. En los últimos cincuenta años se han dado varios ejemplos de esa clase de fariseísmo: por ejemplo, en algunos sectores de la Iglesia influidos por el marxismo, y había quienes estaban convencidos de haber encontrado la solución a todos los problemas sociales. Curiosamente, en la España actual el peligro está en la ideología de derechas. En el ámbito católico, algunos han creído en las ideologías liberales y llenado con ese sustituto el hueco dejado por la fe. A modo de ejemplo, me gustaría subrayar el caso de la COPE, la cadena de radio que se presenta como católica y cuyas principales voces son anticatólicas o incluso ateas; y en algunos casos, rabiosamente abortistas y con una filosofía de la vida totalmente anticristiana. Es paradójico: una radio católica en apariencia que se opone al Gobierno actual se convierte en terreno fértil para la difusión de ideas y mentalidades antirreligisas. En resumidas cuentas, una versión moderna del recurrente fariseísmo.

    ¿Cómo ven en la España y la Europa actual su misión antiideológica?

    Digamos que no es nada tranquilizador. La verdad es que me han marginado por ser como un cazador furtivo que se opone al pensamiento único dominante y empapado de ideología. Por lo tanto, soy más vulnerable a la vez que más libre. Como un francotirador que se enfrenta a la cultura dominante. Sin embargo, creo que el escritor debe ser coherente con su visión del mundo y de la realidad. Desde hace un tiempo me mantengo un poco al margen del juego ideológico: me he declarado contrario a la izquierda y a sus valores, y sin embargo considero a la izquierda más insidiosa porque ha conseguido imponer por toda Europa sus valores en la sensibilidad y la mentalidad dominante; y últimamente también he adoptado una actitud muy crítica hacia la derecha. En particular, he intervenido en el diálogo sobre el liberalismo y el neoliberalismo y sus diversas aplicaciones. Las ideologías son perjudiciales para el ser humano. Son a la vez invasoras y excluyentes, no se limitan al campo político, sino que colonizan todos los sectores de la realidad y de la sociedad con consecuencias nefastas. Pienso por ejemplo en la
    «muerte del derecho»»: la crisis y la negación del derecho natural es en efecto una deriva ideoólogica que lleva a afirmar que el derecho, todo derecho, es obra del hombre, una convención de la ideología imperante en el momento. La ideología se extiende como una mancha de aceite, y corroe y corrompe hasta la literatura; desde este punto de vista, me siento como un extraño en el panorama literario europeo, como un extranjero en tierra hostil. Me viene la memoria un relato de Herbert George Wells en el que un hombre llega a un país habitado solo por ciegos, y se convence de que se convertirá en el guía de sus habitantes, pero no tarda en descubrir que los ciegos solo se proponen una cosa: de repente lo toman prisionero y le sacan los ojos porque no soportan que vea.

    El hecho de que lo hayan marginado, ¿se deberá a su fe católica?

    Yo creo que actualmente hay un pensamiento único dominante en el que la voz de los católicos suena desafinada. Por ejemplo, se oye decir que los católicos son retrógrados en la moral y progresistas en cuanto a los problemas sociales. Obviamente, se trata de una perspectiva distorsionada por la ideología. Al contrario, se podría decir que asistimos a un extraño contubiernio entre derecha e izquierda por el cual esta última ha renunciado a sus aspiraciones sociales y la derecha, para imponerse, ha hecho suya la visión ética de la izquierda. Una claudicación en la que cada uno ha asumido lo peor del otro. Cuando alguno se alza en defensa de un derecho natural se lo tilda de conservador. Por consiguiente, en este sentido todo verdadero católico es signo de contradicción.

    Según el novelista italiano Luca Doninelli, no tiene mucho sentido hablar de escritores católicos, porque sería como decir
    «escritores rubios». ¿Qué piensa de esta declaración?

    Estoy de acuerdo con Doninelli; se querría dar a entender que hablar de escritores católicos equivale a decir que el problema ya existe; en realidad, si se dice
    «escritores rubios», lo que se quiere es subrayar que son pocos los escritroes rubios, y lo mismo se puede decir de los escritores católicos. Es como decir que quedan pocos. En los siglos XV o XVI a nadie se le habría ocurrido definirlo con esas palabras. Esto puede llevarnos a pensar que se está dando una retirada por parte de los católicos en el ámbito literario. Por eso, no me gusta esa definición, además de que se debe aclarar qué significa católico. Como se sabe, esta palabra quiere decir «universal», definición perfecta también para todo escritor en el sentido de que, como decían los latinos, nada que es humano me es ajeno. En el hombre se centra la investigación de todo escritor. El hombre con su infinita debilidad y su inconmensurable grandeza. El hombre en su condición contradictoria de quiene vive «en un territorio ocupado más que nada por el diablo», en palabras de la gran escritora estadounidense Flannery O'Connor; territorio del que constantemente es rescatado. La mirada del católico hacia el hombre es una mirada de piedad y misericordia que no debe desaparecer jamás de las páginas de la literatura.

    EnEl revés de la trama, Greene hace decir al protagonista que, conociendo sus peores aspectos, se podría amar a los seres humanos casi tanto como los ama el propio Dios...

    Este podría ser el lema toda mi obra literaria. Por regla general, mis personajes son sufrientes, débiles, dolientes... pecadores en el sentido evangélico del término, ovejas descarriadas que se debaten en el fango del pecado y aun así están destinadas a la grandeza. La mayor parte del mis personajes, a pesar de la oscuridad en que se mueven, pueden en un momento dado ser iluminados por algo que les imparta nobleza, que los vuelva valiosos, así como todo pecado tiene un valor especial a los ojos de Dios, un Dios que ama de un modo particular a cada ser humano. Este es el hilo conductor de toda mi obra literaria, a partir sobre todo de una novela titulada Las máscaras del héroe, donde represento el retrato de un escritor algo inmoral y bohemio que llega a redimirse. Esta misma temática la encontramos en mi última novela, El séptimo velo, en la que aparecen personajes sometidos a las peores debilidades humanas, inmersos en situaciones en que prácticamente se está a la merced de un espíritu demoniaco, como fue el caso de experiencias inhumanas como el nazismo y el comunismo. No obstante, aun en esos momentos oscuros hay en el hombre un destello de grandeza, incluso en personajes que han abrazado ideologías terroríficas.

    Se diría que usted es casi un pensador. Sin embargo, es ante todo un escritor exquisitamente literario...

    Así es. A través de mis personajes muestro el misterio de la vida que no quiero explicar sino desplegar. Son un reflejo ambulante de mi cosmovisión, pero encarnados, no expesados de un modo intelectual. Por tanto, soy ante todo escritor, y me gustaría decir que también soy defensor de los géneros literarios, incluso de los considerados menores, como la ciencia-ficción, la novela policiaca, la de terror... En realidad, estoy convencido de que en sus convencionalismos y lugares comunes siempre podemos encontrar algo original. Un error del arte contemporáneo es la búsqueda frenética de originalidad a toda costa. El arte verdaderamente original es el que acepta las propias convenciones y límites pero renueva desde dentro esas convenciones. Por ejemplo, Chesterton, con sus relatos del Padre Brown ha aceptado las convenciones de la novela policial pero la ha renovado desde dentro. Una revolución es siempre algo interno; de lo contrario sería estéril. En este sentido, modestia aparte yo también me podría considerar un escritor clásico.

  5. #5
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    Re: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    Muchísimas gracias Hyeronimus.
    Aquí corresponde hablar de aquella horrible y nunca bastante execrada y detestable libertad de la prensa, [...] la cual tienen algunos el atrevimiento de pedir y promover con gran clamoreo. Nos horrorizamos, Venerables Hermanos, al considerar cuánta extravagancia de doctrinas, o mejor, cuán estupenda monstruosidad de errores se difunden y siembran en todas partes por medio de innumerable muchedumbre de libros, opúsculos y escritos pequeños en verdad por razón del tamaño, pero grandes por su enormísima maldad, de los cuales vemos no sin muchas lágrimas que sale la maldición y que inunda toda la faz de la tierra.

    Encíclica Mirari Vos, Gregorio XVI


  6. #6
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    Re: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    Cita Iniciado por Hyeronimus Ver mensaje
    La entrevista me ha gustado muchísimo, tanto que me he tomado la molestia de traducirla para que se entienda mejor:

    Hyeronimus, muchas gracias también. Por favor mira el privado que te he mandado.

  7. #7
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    Re: Articulo de Prada sobre la COPE en L'Osservatore Romano

    Muchas gracias, Hyeronimus. La traducción es muy buena.

  8. #8
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    [FARO] Juan Manuel de Prada denuncia a COPE en L'Osservatore Romano

    Libros antiguos y de colección en IberLibro
    Con permiso de Hyeronimus se ha usado su traducción para este despacho de FARO:


    Roma, 1 junio 2008. L'Osservatore Romano publica una entrevista de Andrea Monda al escritor español Juan Manuel de Prada, quien entre otras observaciones de considerable interés, hace las siguientes:

    "También quien es religioso puede volverse víctima de la ideología. Los Evangelios condenan constantemente el fariseísmo, que para mí es la forma más sutil de religión reducida a ideología. De hecho, el fariseísmo es una especie de esclerosis de la fe. Algo que se parece al cristianismo, pero solo desde fuera, mientras que por dentro está vacío y se puede llenar con cualquier cosa. En los últimos cincuenta años se han dado varios ejemplos de esa clase de fariseísmo: por ejemplo, en algunos sectores de la Iglesia influidos por el marxismo, y había quienes estaban convencidos de haber encontrado la solución a todos los problemas sociales. Curiosamente, en la España actual el peligro está en la ideología de derechas. En el ámbito católico, algunos han creído en las ideologías liberales y llenado con ese sustituto el hueco dejado por la fe. A modo de ejemplo, me gustaría subrayar el caso de la COPE, la cadena de radio que se presenta como católica y cuyas principales voces son anticatólicas o incluso ateas; y en algunos casos, rabiosamente abortistas y con una filosofía de la vida totalmente anticristiana. Es paradójico: una radio católica en apariencia que se opone al Gobierno actual se convierte en terreno fértil para la difusión de ideas y mentalidades antirreligiosas. En resumidas cuentas, una versión moderna del recurrente fariseísmo."
    De las intolerables desviaciones de la cadena de radio COPE (propiedad, como es sabido, de la Conferencia Episcopal Española) ya ha tenido que ocuparse FARO. Por cierto: en las últimas semanas sus más conocidos voceros, el liberal ateo Federico Jiménez Losantos y el hereje y sionista César Vidal, se han dedicado desde sus micrófonos a calumniar e injuriar al Carlismo (es decir, a la tradición católica española), entre otras lindezas.

    Hasta el diario vaticano ha llegado ahora la denuncia, gracias al escritor Juan Manuel de Prada. ¿Habrá consecuencias? ¿Se convertirá la COPE, por fin, en una cadena de radio católica?

    Mientras tanto, recomendamos a nuestros lectores la carpeta Radio en el área Marcadores de FARO, donde encontrarán enlaces a emisoras católicas que pueden escucharse por Internet.


    _____________________________________________________
    Agencia FARO


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  1. 25/10/2009, 12:02
  2. 19/08/2009, 00:25
  3. 26/05/2009, 10:03
  4. 14/05/2009, 01:24

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