Magellano, l’esploratore che piantò la croce nelle Filippine
- 27-04-2021
Massimo Scapin
Il 27 aprile di 500 anni fa moriva l’esploratore portoghese Ferdinando Magellano. A lui, a cui è stata di recente dedicata un’opera lirica in tre atti, è legata l’evangelizzazione delle Filippine. Poco dopo il suo sbarco, il sovrano locale e 500 indigeni si fecero battezzare. E fu Magellano, il giorno seguente, a piantare la croce a Cebu, segno visibile dell’inizio della cristianizzazione di quelle terre.
Mezzo millennio fa, il 27 aprile 1521, fu colpito a morte nelle Filippine, durante un’imprevista scaramuccia nella piccola isola di Mactan, l’esploratore portoghese che fece il primo giro del mondo nella storia dell’umanità: Ferdinando Magellano (Fernão de Magalhães, in portoghese; Fernando de Magallanes, in spagnolo).
Nato da una famiglia nobile nel 1480 a Sabrosa, nel Portogallo nord-orientale, rimane orfano nel 1490 ed è accolto a Lisbona come paggio alla corte di re Giovanni II, dove partecipa a spedizioni navali in Estremo Oriente. Vuole scoprire una rotta marittima attraverso la quale oltrepassare il continente dove era appena sbarcato Cristoforo Colombo e raggiungere l’Asia: la trova all’estremo Sud, sotto la Terra del Fuoco, attraverso quello che sarà chiamato Stretto di Magellano. Il suo progetto, rifiutato dai Portoghesi, è finanziato da Carlo V, re di Spagna e imperatore. Sappiamo dallo storiografo dell’impresa, il vicentino Antonio Pigafetta (Relazione del primo viaggio intorno al mondo, Istituto editoriale italiano, Milano, 1956), che, «per andare a scoprire la spezieria nelle isole di Maluco», al comando di cinque vascelli e 237 uomini, il «capitanio generale Fernando de Magaglianes, gentiluomo portoghese» salpa dalla Spagna nel 1519. Soltanto la nave Victoria e 18 uomini, guidati dal nuovo capitano, lo spagnolo Juan Sebastián Elcano, ritorneranno in Europa dopo quasi tre anni di viaggio.
Avvicinarci al grande navigatore portoghese per la via a noisolita, quella della passione per la musica, è impresa tutt’altro che facile questa volta. A «quella grande figura di navigatore per eccellenza che fu Cristoforo Colombo» (Giovanni Paolo II, Saluto alla città di Genova, 21 settembre 1985) sono intitolate opere musicali composte da Francesco Morlacchi (1828), Gaetano Donizetti (1845), Giovanni Bottesini (1847), Alberto Franchetti (1892), Darius Milhaud (1928); a Vasco da Gama (1469-1524), «il principe degli esploratori portoghesi» (Pio XII, Sæculo exeunte octavo, 13 giugno 1940, n. 7), si riferisce L’africaine, opera in cinque atti di Giacomo Meyerbeer (1865). Mancava tuttavia un’opera lirica ispirata a Magellano ed ecco i tre atti di Magallanes. No hay rosa sin espinas. Dice al riguardo Marco Reghezza, uno dei due compositori: «In occasione del 500° Anniversario della prima circumnavigazione della Terra effettuata da Ferdinando Magellano, la Fondazione Reale Atarazanas [arsenali] di Siviglia, nella persona del direttore José Manuel De La Fuente, ha richiesto nel 2012 la mia disponibilità a scrivere un’opera lirica che celebri l’impresa del famoso esploratore. Il testo, in spagnolo, è stato scritto dallo stesso antropologo di Siviglia, unanimemente riconosciuto quale maggiore esperto riguardo il viaggio magellanico. La realizzazione delle musiche è stata quindi affidata al sottoscritto e a Giovanni Scapecchi, esperto in orchestrazione e già autore di musiche“serie” trasmesse da emittenti nazionali».
L’opera si apre con Magellano che, disprezzato da Emanuele I, re di Portogallo, e dalla sua corte, espatria in Castiglia, a Siviglia. Qui è ospite del ricco Diego Barbosa, suo compatriota, e ne sposa la figlia, Beatrice. Il suo benefattore si appassiona subito al suo ambizioso progetto di raggiungere le isole delle spezie da Occidente e lo aiuta a parlarne con il giovane re Carlo I. Magellano è nominato ammiraglio di una flotta di cinque navi e, alla fine del primo atto, si congeda da Beatrice in una notte di luna piena.
Il secondo atto presenta il viaggio di Magellano, che dal primo momento è insidiato dagli emissari spagnoli, come l’ispettore generale Juan de Cartagena. Traversano felicemente l’Atlantico e fanno una breve sosta a Rio de Janeiro. L’ammiraglio doma spietatamente un ammutinamento nel porto di S. Giuliano. Raggiunto lo stretto tanto desiderato, tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, egli piange di gioia e, tra nuove sedizioni e indicibili sofferenze, affronta l’Oceano Pacifico, che da lui ebbe il suo nome.
Il terzo atto rappresenta l’arrivo della spedizione all’arcipelago di S. Lazzaro, oggi Filippine. Il rajah Humabon, sovrano dell’isola, diventa grande amico di Magellano, si fa suddito di Carlo V e, insieme a più di 500 indigeni, riceve il battesimo (il 14 aprile 1521, Domenica III di Pasqua). Il suo nemico, Lapu Lapu, non si sottomette e uccide Magellano. La scena si sposta a Siviglia nella camera di Beatrice, che, dopo aver sofferto la morte dei figli, piange quella del marito e poi si abbandona moribonda sognando il ritorno dello sposo con il quale si unisce nel firmamento. Il finale dell’opera permette allo spettatore di spiare tranquillo le costellazioni delle Nubi di Magellano - le due galassie scoperte dal navigatore nel 1519 - e della Croce del Sud. Quisi possono ascoltare alcuni passaggi dell’opera: il duetto dell’incontro tra Magellano (baritono) e Beatrice (soprano); l’aria di Magellano Oh infeliz de mi e l’aria Qué triste sino el mio di Elcano (tenore).
A
Magellano, che sbarca il giorno di Pasqua del 1521 (31 marzo) nella piccola isola di Limasawa, luogo della prima Messa su suolo filippino, e muore a Cebu, «questa importante città, nota come la culla del cristianesimo nelle Filippine» (Giovanni Paolo II, Omelia a Cebu City, 19 febbraio 1981), è legata l’evangelizzazione di quel vasto arcipelago, come ricordò Giovanni Paolo II a Manila durante il suo viaggio nel 1981: «Alla nazione filippina è dovuto un onore particolare perché dall’inizio della sua cristianizzazione, quando Magellano piantò la Croce a Cebu 460 anni fa, il 15 aprile 1521, attraverso i secoli, il suo popolo è rimasto fedele alla fede cristiana. Con un risultato che rimane senza paragoni nella storia: il messaggio di Cristo si radicò nei cuori della gente in un brevissimo periodo di tempo e così la Chiesa fu saldamente piantata in questa nazione di 7.000 isole abitate da numerose comunità tribali ed etniche» (Giovanni Paolo II, Messaggio al Presidente e alla nazione delle Filippine, 17 febbraio 1981).
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