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Tema: Mons. Marcel Lefebvre

  1. #1
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    Mons. Marcel Lefebvre

    Marcel Lefebvre nasce nel 1905. Nel 1923 entra nel seminario francese di Roma. Dottore in filosofia e in Teologia presso l’Università Pontificia Gregoriana, è ordinato sacerdote il 21 settembre 1929. Dopo un anno come cappellano nella periferia della città di Lille, entra nella congregazione missionaria dei Padri dello Spirito Santo. Nel 1932 è inviato missionario in Gabon, poi è nominato superiore dello scolasticato di Mortain (France) nel 1945. Consacrato vescovo il 18 settembre 1947, è nominato vicario apostolico di Dakar e delegato apostolico per l’Africa nera francofona e Madagascar nel 1948. Nel 1955, diventa arcivescovo di Dakar. Nel 1960, è nominato Assistente al trono pontificio e membro della Commissione preparatoria al Concilio.
    Nel 1962 dopo essere stato nominato vescovo di Tulle (Francia) e consultore della Congregazione della propagazione della fede, è eletto Superiore generale della sua congregazione che contava allora più di 5000 membri. Nel 1968, lascia le sue funzioni all’occasione del Capitolo straordinario d’aggiornamento. Ha 63 anni.
    Sollecitato da alcuni seminaristi, fonda nel 1970 la Fraternità Sacerdotale San Pio X, con l’approvazione del vescovo di Friburgo (Svizzera). Il seminario, trasferito a Econe, riceve una visita canonica nel 1974. Scioccato dalle affermazioni dei visitatori romani in materia di fede, redige una dichiarazione datata il 21 novembre 1974. Questo documento largamente mediatizzato conduce a una soppressione della Fraternità senza il rispetto delle procedure canoniche. Mons. Lefebvre la considererà come illegale e non ne terrà mai conto.
    Nel luglio 1976, Mons. Lefebvre è colpito da una sospensione a divinis per aver ordinato dei sacerdoti nonostante il divieto romano. Seguono degli anni di controversie con Roma. Davanti all’atteggiamento della Santa Sede che promette di concedergli un successore senza dargliene la garanzia, Mons. Lefebvre consacra quattro vescovi il 30 giugno 1988. Invocando il grave stato di necessità di cui soffre la Chiesa, procede a ciò che chiamerà “l’operazione sopravvivenza della Tradizione”, per la salvaguardia del sacerdozio, e dei sacramenti cattolici, senza conferire ai vescovi né giurisdizione, né missione canonica. Egli viene, assieme a Mons. de Castro Mayer e ai quattro nuovi vescovi, colpito ufficialmente d’una scomunica che considera ingiusta e invalida, come le precedenti censure.
    Mons. Lefevbre passò i suoi ultimi anni, fino alla sua morte avvenuta il 25 marzo 1991, a Econe, dove ora riposa. Sulla sua tomba è stato inciso ciò che egli aveva chiesto: “Tradidi quod et accepi, Ho trasmesso quello che ho ricevuto”.

  2. #2
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

    Nota biografica

    "Ecce Sacerdos magnus, qui in diebus suis placuit Deo, et inventus est justus. Non est inventus similis illi qui conservavit legem excelsi" (graduale della Messa dei Confessori Vescovi). Eccoci riuniti attorno alla spoglia mortale del nostro Padre amatissimo, del nostro fondatore e Superiore generale per lunghi anni, attorno a questo Vescovo fedele alla sua missione di dottore e pastore della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica, di questo missionario infaticabile, di questo padre di una nuova generazione di sacerdoti, di questo salvatore del Santo Sacrificio della Messa nel suo rito romano autentico e venerabile, di questo combattente per la Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo: Ecco il sommo sacerdote che durante la sua vita piacque a Dio. Non se ne trovò uno simile a lui nellíosservare la legge dell'Altissimo...".
    Con queste parole, inizio dell'omelia pronunciata il 2 aprile ai funerali di Mons. Marcel Lefebvre, apriamo questo nostro articolo che vuole essere un omaggio filiale ed un tributo di riconoscenza al Vescovo al quale tanto dobbiamo, come fedeli cattolici e militanti controrivoluzionari. Consapevoli della inadeguatezza delle nostre parole abbiamo almeno voluto che il titolo fosse di esemplare chiarezza. Siamo stati abituati per almeno quindici anni a vedere Mons. Lefebvre definito vescovo ribelle da una stampa laica, nella migliore delle ipotesi ignorante e disinformata, nella peggiore in mala fede, e dalla stampa cattolica ufficiale, questa sì certo in mala fede. Mons. Lefebvre è stato invece, per antonomasia, il Vescovo fedele, l'unico integralmente tale insieme a Mons. Antonio de Castro Mayer. Fedele alla S. Messa della sua ordinazione sacerdotale e della sua consacrazione episcopale, fedele al giuramento anti-modernista pronunciato in entrambe le occasioni, fedele a tutto ciò che la Chiesa ha insegnato attraverso i secoli. Non lui, ma gli altri sono stati ribelli, o meglio traditori. Bollare Mons. Lefebvre come ribelle significa condannare la fede dei nostri padri.
    "Io non sono che un vescovo della Chiesa cattolica che continua a trasmettere la dottrina. - disse Mons. Lefebvre nell'omelia delle consacrazioni episcopali - Io penso che si potranno incidere sulla mia tomba, e ciò non potrà certo tardare, queste parole di S.Paolo: Tradidi quod et accepi, Vi ho trasmesso ciò che ho ricevuto, semplicemente questo". Ciò è però bastato a fare di Monsignore un faro di luce per tanti figli della Chiesa che, sgomenti, si vedevano sottrarre ogni giorno di più il pane della Verità proprio da chi aveva il compito di spezzarlo loro e, in cambio di questo pane, si vedevano offrire il veleno quotidiano del dubbio, dellíerrore, dell'eresia. Il nome di Mons. Lefebvre è stato per le anime rette un monito e un incoraggiamento a perseverare nella Fede del proprio battesimo.
    ..... la Chiesa, un tempo anima dellaContro-rivoluzione, dopo il Concilio Vaticano II è diventata essa stessa centro di scontro tra Rivoluzione e Contro-rivoluzione. Mons. Lefebvre, checchè dicessero le calunnie dei giornalisti, non faceva politica. O meglio la sua unica politica era quella della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Combattendo per la Tradizione nella Chiesa egli combatteva anche per la Contro-rivoluzione nella società. Anche qui il suo modello era S. Pio X, che fulminò di condanna sia i modernisti che i democratici cristiani. Restaurando il sacerdozio cattolico, Monsignore ha lavorato non solo per la salvezza delle anime ma anche per la restaurazione della civiltà cristiana. Ci piace ricondare che alle consacrazioni episcopali del 1988 i1 primo a baciare l' anello di Monsignore ed a congratularsi per il suo atto coraggiosofu il Principe Sisto di Borbone-Parma, degno erede del carlismo.

  3. #3
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

    "Voi avete ben meritato della Chiesa"


    Queste le parole pronunciate nel 1927 da Papa Pio XI durante uníudienza alla famiglia Lefebvre. Ripercorrendo le tappe della vita di Monsignore non si può non ricordare la famiglia da cui provenne. A partire dal 1738 i Lefebvre hanno dato alla Chiesa una cinquantina dei loro figli, tra i quali un cardinale, diversi vescovi, numerosi sacerdoti, religiose e religiosi, fra i quali il famoso liturgista benedettino Dom Gaspar Lefebvre. I genitori di Monsignore ebbero otto figli, dei quali cinque divennero sacerdoti o religiose.


    Sacerdote, missionario, vescovo, delegato apostolico.

    L'ambiente familiare, lo spirito del collegio del S.Cuore da lui frequentato, la vita di preghiera - serviva la Messa ogni mattina alle 5.30 - l'apostolato presso i malati al quale si dedicava nell'Associazione S. Vincenzo, il suo amore per lo studio, prepararono la vocazione sacerdotale di Marcel. Entrato al Seminario francese a Roma, dopo aver regolarmente svolto il servizio militare, Marcel si laureò in filosofia ed in teologia alla Pontificia Università Gregoriana. Il 21 settembre 1929 divenne sacerdos in aeternum. Ricorderà poi di essere stato attirato per un certo tempo dalla vita dei monaci cistercensi. Ma la Provvidenza decise diversamente.Dopoun breve periodo come vicario in una parrocchia operaia di Lilla, dove si fece apprezzare per la sua fede raggiante, seguendo l'esempio del fratello Renè, entrò nella congregazione missionaria dei padri dello Spirito Santo e partì per il Gabon nell'ottobre 1932.
    Iniziava così un rapporto tra Monsignor Lefebvre e líAfrica che durò intenso per trent'anni, fino al 1962, ma non si esaurì certo dopo di allora, tanto che uno degli ultimi viaggi apostolici di Mons. Lefebvre, nel giugno1990, è stato proprio in Gabon, dove è fiorente una missione della Fraternità. Appena giunto in Africa il Padre Marcel fu nominato Professore di Dogma e di Sacra Scrittura al Gran Seminario di Libreville che raggruppava tutti i seminaristi dell'Africa equatoriale Francese. Nel 1934 assunse la direzione del Seminario.Tra il 1933 ed il 1947 la popolazione cattolica del Gabon più che triplicò; il paese divenne il più cristiano dellíAfrica francofona, il secondo di tutto il continente. Quando nel 1945 il Padre Marcel fu richiamato in Francia per assumere la direzione del seminario dei padri dello Spirito Santo a Mortain, innumerevoli furono le proteste dei Gabonesi che avevano imparato ad ammirarne lo zelo missionario, líassoluta dedizione, la pietà.
    Nel settembre 1947, a 42 anni, Mons. Lefebvre fu consacrato vescovo e nominato Vicario Apostolico del Senegal. Un anno dopo viene nominato delegato apostolico per tutta líAfrica francese: è così il rappresentante della S. Sede in 18 paesi africani, nei quali vi sono 45 giurisdizioni ecclesiastiche, 2 milioni di cattolici, 1.400 preti e 2.400 religiose. Nel 1955 diverrà il primo arcivescovo di Dakar, quando in Senegal verrà istituita la gerarchia locale.
    Resterà delegato apostolico fino al 1959 ed arcivescovo di Dakar fino al 1962. Anche i più feroci avversari di Monsignore non hanno potuto altro che lodare la sua opera missionaria in Africa; perfino la S.Sede non ha mancato di ricordarla in termini elogiativi nel comunicato diramato dopo la morte di Monsignore. In 11 anni di lavoro come Delegato apostolico le diocesi passarono da 44 a 65. A Dakar raddoppiò il numero dei cattolici e le chiese da tre divennero 13. Líopera di Monsignore fu profondamente civilizzatrice nel senso più pieno della parola. Nellíomelia della S. Messa, per il suo giubileo díoro sacerdotale, Monsignor Lefebvre ricordò: "ho potuto vedere villaggi di pagani divenuti cristiani trasformarsi non solo spiritualmente e sovrannaturalmente, ma anche fisicamente, socialmente, economicamente, politicamente; trasformarsi perchè quelle persone da pagane che erano diventavano coscienti della necessità di compiere il loro dovere malgrado le prove ed i sacrifici, di mantenere i loro impegni e particolarmente gli obblighi del matrimonio. Allora il villaggio si trasformava poco alla volta sotto líinfluenza della grazia e del santo Sacrificio della Messa ; e tutti quei villaggi volevano avere la propria cappella e la visita del Padre. La visita del missionario! Come era attesa con impazienza per poter assistere alla S. Messa, potersi confessare e comunicare... Delle anime si consacravano a Dio; dei religiosi, delle religiose, dei sacerdoti si offrivano e si cosacravano a Lui. Ecco i frutti della S. Messa". Un secolo prima un grande apostolo della controrivoluzione, il card. Pie, aveva detto: "La questione sociale non sarà risolta che dalla questione religiosa e la questione religiosa è legata soprattutto ad una questione di culto."
    "Se le nazioni occidentali che avevano il compito di elevare queste popolazioni non avessero tradito la loro missione e se la Chiesa stessa non si fosse rinnegata, invece di registrare líinqiuetante progresso dellíIslam, oggi la maggior parte dellíAfrica sarebbe cattolica", così si espresse Monsignore nel 1987. Questo spiega naturalmente le assurde accuse di razzismo che hanno perseguitatato Monsignore fin sul letto di morte. Certo è "razzista" ed "antiecumenico" chi voleva salvare le anime convertendole alla vera religione e chi faceva bruciare le capanne degli stregoni morti avvelenati dalle loro stesse pozioni. Oggi non si vuole più convertire: ai mussulmani che vogliono diventare cattolici si risponde di restare buoni mussulmani, ad Assisi ed in India abbiamo visto sacerdoti e lo stesso Pontefice sottostare a "benedizioni" tribali ed induiste. Si è ripetuto fino alla nausea che Mons. Lefebvre era contrario a nominare vescovi neri. Sempre nel 1987 Monsignore ha spiegato il suo vero atteggiamento osservando che egli si limitò a raccomandare al prudenza in un momento in cui per ragioni politiche si volevano a tutti i costi nominare al più presto vecovi negri, senza accertarsi se ne avessero le qualità. Egli raccomandava inoltre che prima di nominare degli arcivescovi negri li si nominase come ausiliari, secondo la prassi delle terre di missione. Egli stesso consacrò vescovi negri, come monsignor Ndong nel 1961, e lasciò senza alcuna riserva líarcidiocesi di Dakar al suo discepolo prediletto, uno dei due primi sacerdoti da lui ordinati in Africa, Hyacinte Thiandoum, oggi cardinale. Ma le accuse di razzismo sono state credute solo in Europa. Più volte il card. Thiandoum è intervenuto pubblicamente in difesa di Monsignore. In uníintervista al mensile "30 giorni" di questo aprile sua eminenza ha parlato del "lavoro straordinario in Africa" di Monsignore, del suo "passaggio in Senegal" come "momento davvero storico per la Chiesa e per la società", della sua "eredità spirituale fondamentale che rimane".
    Nella primavera 1985 Monsignore effettuò un viaggio in Senegal e in Gabon, accolto, non è esagerato dire, trionfalmente dai fedeli, dai vescovi e dalle autorità civili, incluso il Presidente del Gabon, che gli mise a disposizione líaereo presidenziale. Vi è veramente da essere razzisti, ma alla rovescia, pensando a come tanti vescovi europei si straccino le vesti (in genere borghesi) non appena sentono parlare della Fraternità o di tradizionalisti. Quando Monsignore lasciò líacidiocesi di Dakar un coro di lodi e di rimpianti per la sua partenza si levò da tutta líAfrica francofona.
    Per concludere questa parte sullíopera di Monsignore in Africa, vale la pena di citare il giudizio di un prete svizzero, Jean Anzevui, che nel 1976 pubblicò un libello contro Econe, nel quale non potè però tacere al verità sullíopera missionaria di Mons. Lefebvre: "durante i suoi trentíanni di apostolato in Africa il ruolo di Monsignor Lefebvre fu della massima importanza. I suoi compagni missionari ricordano ancora il suo straordinario zelo missionario che si rivelava nelle sue eccezionali qualità di organizzatore e di uomo di azione. Egli persuase vari ordini religiosi che fino ad allora non avevano mostrato alcun interesse per le missioni ad iniziare un lavoro in Africa. Egli fu responsabile per la costruzione di un gran numero di chiese e per la fondazione di opere di carità di ogni tipo...tutti concordano nel riconoscere la sua magnifica carriera, la sua cortesia, affabilità, la sua naturale e semplice distinzione, la dignità della sua vita perfetta, la sua austerità, la sua pietà e la sua assoluta devozione ad ogni compito intrapreso".Eístato chiesto al Cardinale Thiandoum quale fosse il suo ricordo più commovente di Monsignore: "Quello di un uomo di una devozione totale, assoluta alla causa di Dio", è stata la risposta.

  4. #4
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

    Anni di svolta (1962-l969)


    Secondo la prassi Mons. Lefebvre, al suo ritorno in Francia avrebbe avuto diritto alla nomina a capo di una grande diocesi. Ma i vescovi francesi, già ampiamente inquinati di spirito liberale, gli erano ostili e fu così posto a capo della piccola diocesi di Tulle. Pur avendo il titolo personale di Arcivescovo, fu escluso dall'assemblea dei cardinali e degli arcivescovi francesi. Uno dei motivi dell'opposizione a Monsignore da parte dei suoi confratelli, fu l'appoggio che Mons. Lefebvre dava al movimento della Citè Catolique, fondato nel 1939 dal Padre Choulot con lo scopo di diffondere la dottrina sociale della Chiesa e di combattere per líinstaurazione della Regalità Sociale di Nostro Signore Gesù Cristo. Nel 1959 fu pubblicato il libro fondamentale della associazione, Pour quíIl regnedi Jean Ousset, con la prefazione di Mons. Lefebvre e di Mons. Marmotin, Arcivescovo di Reims, all'edizione francese; di Mons. Morcillo, Vescovo di Saragozza, e di Mons. Gurpide, Vescovo di Bilbao all'edizione spagnola. Scriveva Monsignore: "Oggi è la vera filosofia che più manca. Se seguendo i consigli di tutti i Papi dell'ultimo secolo, il clero e gli stessi laici si sforzassere di conoscere la vera filosofia tomista, i veri principi dell'etica e della sociologia, non si farebbe più appello nelle costituzioni ai sacrosanti principi dell' '89, che rovinano le nozioni fondamentali del diritto e della giustizia, non riconoscendo la legge divina che determina il bene e il male".
    Mons. Lefebvre rimase a Tulle per pochi mesi, sufficienti però a dare nuovo, anche se temporaneo, slancio ad una diocesi in decadenza. Fu infatti eletto per dodici anni Superiore
    Generale dei Padri dello Spirito Santo, ottenendo ben più dei due terzi richiesti nella votazione. Si trattava della più importante congregazione missionaria della Chiesa che contava allora 5300 religiosi e 914 residenze in 53 paesi. Come Superiore Generale Monsignore parteciperà al Concilio Vaticano II dopo aver fatto parte della sua Commissione preparatoria, chiamatovi da Giovanni XXIII, che l'aveva anche nominato Assistente al Soglio Pontificio, in segno di particolare benevolenza.
    Al Concilio Monsignore sarà uno dei principali animatori del Coetus internationalis Patrum, che raggruppò circa 250 padri conciliari che tentarono di opporsi alla marea liberale. Tra di essi i Vescovi Carli, de Castro Mayer, de Proenca Sigaud. I cardinali Santos, Ruffini, Siri, Larraona, Ottaviani, Browne appoggiavano il Coetus pur non volendo farne parte ufficialmente. Il cugino di Monsignore, il Cardinale Joseph Lefebvre gli disse che i vescovi francesi non gli avrebbero mai perdonato il suo comportarnento al Concilio. Eppure Monsignore condusse un opposizione chiara ma non preconcetta. A differenza di Mons. de Castro Mayer che non sottoscrisse alcuno dei documenti conciliari, Mons. Lefebvre votò contro la Dignitatis Humanae e la Gaudium et Spes, mavotò a favore, ingannato come tanti, della costituzione sulla liturgia. Essa prevedeva la conservazione del latino: Monsignore restò fedele al documento, tradito dal massone Bugnini con la copertura di Paolo VI.
    L'Abbé Berto, suo teologo personale al Concilio, ha ricordato la profonda dottrina teologica di Monsignore: "Mons. Lefebvre è un teologo, e di molto superiore al suo teologo - volesse Dio che tutti i Padri lo fossero al suo stesso grado!- Egli ha un habitus teologico perfettamente sicuro e affinato...Non assomiglia in niente a quei Padri che, come uno di loro ha avuto la sfrontatezza di vantarsi pubblicamente, nella vettura che li portava a S. Pietro, prendevano dalle mani di unperitus il testo già fatto del loro intervento in aula. Neppure una volta sola gli ho sottoposto una memoria, una nota, un canovaccio, senza che li abbia rivisti, rovesciati, riesaminati e qualche volta rifatti da cima a fondo con un assiduo lavoro personale".
    Anche le sue lettere pastorali da Dakar e le sue circolari come Superiore degli Spiritani erano scritte interamente di sua mano. Oggi raccolte in volume, esse potrebbero servire da modello a qualunque pastore che volesse adempiere pienamente alla sua missione. Ecco i titoli di alcuni di questi scritti: Lo spirito sacerdotale; La carità sacerdotale; Vivere secondo la verità; La necessità della preghiera; Fedeltà alla vita religiosa; Líautorità; Il laicismo; Il comunismo ateo e materialista; Per restare buon cattolico occorrerà divenire protestante?; Maria madre della Chiesa; Il sacerdote e nostro Signore Gesù Cristo; Líumiltà. Uno degli ultimi scritti quale Superiore Generale degli Spiritani ha il titolo significativo Esto Fidelis.
    Nel 1965 il Padre Lecuyer accusa Mons. Lefebvre di autoritarisrno in un dossier fatto pervenire al Papa. Líaccusatore si discredita da solo facendosi partigiano del matrimonio dei preti e nel 1966 la S. Sede fa giustizia delle accuse portate contro Mons. Lefebvre. Ma líanno successivo il Papa Paolo VI decide che anche i Padri dello Spirito Santo devono "aggiornarsi". Monsignore prepara una riforma delle costituzioni intesa nel senso che sempre si è dato a questa parola: osservanza più stretta delle regole. In realtà si vuole imporre la rivoluzione e la collegialità; non volendo accettarle Monsignore rassegna le dimissioni sei anni prima della fine del suo mandato. A 63 anni sembra che la sua carriera ecclesiastica sia finita.

  5. #5
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

    Il miracolo della fraternità (1969-1991)


    Monsignore vive a Roma presso il seminario lituano. Eíconsultore presso la Sacra Congregazione De Propaganda Fide; fino al 1972 sarà presidente della commissione incaricata di preparare i catechismi africani.
    Nella primavera del 1969 un gruppo di teologi riunito sotto la presidenza di Monsignore elaborò il famoso Breve esame critico del Novus Ordo Missae, che nel settembre di quell'anno i cardinali Ottaviani e Bacci presentarono al Papa accompagnato da una loro prefazione. Sono anni di povertà; Monsignore ricorderà poi di avere avuto appena il necessario per mangiare ed aver girato per Roma sempre a piedi.
    Ma la Provvidenza aveva serbato per l'ultima parte della vita di Monsignore il compito storico di salvare il Sacerdozio e la Messa cattolici.
    La Chiesa ha riconosciuto l'autenticità della visione e delle rivelazioni che la Madonna ha fatto a Quito, capitale dell'Equador, nel 1634, alla suora Maria Anna de Jesus Torres; un santuario è stato eretto sul luogo dell'apparizone. "Così le vocazioni sacerdotali si perderanno, ciò sarà una vera calamità. I preti si allontaneranno dai loro doveri sacri e devieranno dal cammino tracciato da Dio. Allora la Chiesa subirà la notte oscura...Prega con insistenza, grida senza stancarti e piangi senza interruzione con lacrime amare nel segreto del tuo cuore, domandando al nostro Padre nei Cieli che per amoredel Cuore Eucaristico del suo Santissimo Figlio, per il suo Prezioso Sangue versato con tanta generosità e per le profonde amarezze ed i dolori della sua Passione e della sua morte prenda pietà dei suoi ministri e metta fine a dei tempi così funesti, inviando alla Chiesa il Prelato che dovrà restaurare lo spirito dei suoi sacerdoti. Questo figlio che io ho caro, colui che il mio Divino Figlio ed io amiamo di un amore di predilezione, noi lo colmeremo di molti doni, dell'umiltà di cuore, della docilità alle divine ispirazioni, della forza per difendere i diritti della Chiesa e d'un cuore con il quale si occuperà come un nuovo Cristo dei grandi come dei più piccoli senza disprezzare i più sfortunati. Egli condurrà con una dolcezza tutta divina le anime consacrate al Servizio divino nei conventi senza rendere loro pesante il giogo del Signore... Questo Prelato e Padre farà da contrappeso alla tiepidezza delle anime consacrate al sacerdozio ed alla religione".
    Come è noto anche a la Salette la Vergine predisse che Roma avrebbe perso la fede e sarebbe divenuta sede dell'Anticristo, mentre secondo autorevoli interpretazioni, anche il terzo segreto di Fatima riguarderebbe la crisi della Chiesa.
    Negli anni 1968-69 alcuni seminaristi francesi si rivolsero a Mons. Lefebvre per domandargli dove avrebbero potuto ricevere una vera formazione sacerdotale. Da questi incontri e da altri con sacerdoti e intellettuali cattolici come Bernard Fay nacque líidea di un Seminario internazionale e la stessa Fraternità Sacerdotale Internazionale S. Pio X, eretta il giorno di Ognissanti del 1970 da Mons. Francois Charrière, Vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, con sede in quest'ultima città. Al decreto di Mons. Charrière seguiva nel febbraio 1971 una lettera di incoraggiamento del Cardinale Wright, prefetto della Congregazione per il clero. Ancora nel 1973 il Cardinale Wright raccomandava vivamente ai giovani con vocazione sacerdotale di entrare ad Econe. Michael Davies, uno dei più importanti saggisti cattolici contemporanei di lingua inglese, ha scritto: "La ragione per cui ritengo che l'Arcivescovo Lefebvre occuperà un posto di primo piano nella storia della Chiesa post-conciliare è che egli ebbe il coraggio e la preveggeza di prendere misure concrete per salvaguardare la fede tradizionale.A differenza di molti cattolici conservatori egli vide che era impossibile condurre una efficace battaglia per l'ortodossia all'interno del contesto delle riforme ufficiali poiché queste riforme erano orientate esse stesse verso il culto dell'uomo. L'Arcivescovo si rese conto che la riforma liturgica in particolare avrebbe inevitabilmente compromesso líinsegnamento cattolico sul Sacerdozio e la Messa, i due pilastri su cui è costruita la nostra fede.

  6. #6
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

    I riformatori protestanti del XVI secolo si erano anch'essi resi conto che se avessero potuto minare il sacerdozio non vi sarebbe più stata la Messa e la Chiesa sarebbe stata distrutta. L'arcivescovo fondò la Fraternità S-PioX con il suo Seminario di Econe non come un atto di ribellione ma perperpetuare il sacerdozio cattolico".
    In un recentissimo articolo, lo stesso autore riferendosi al nuovo rito di ordinazione dei sacerdoti, scrive: "La natura deplorevole del nuovo rito di ordinazione deriva dal fatto che esso non contiene nemmeno un solo riferimento vincolante al ruolo fondamentale del sacerdote come uomo chiamato da Dio ad offrire il sacrificio. Nel nuovo rito non è stata mantenuta alcuna delle preghiere del rito tradizionale di ordinazione che specificavano inequivocabilmente il carattere sacrificale del sacerdozio cattolico. Non sto esagerando, non ne rimane una. Thomas Cranmer non avrebbe potuto fare di meglio. A nome dell' intera Gerarchia dellíInghilterra e del Galles il Cardinale Heenan scrisse una lettera di protesta a Roma chiedendo di restaurare alcune delle preghiere tradizionali. La risposta, un vescovo inglese, mi disse, fu un sonoro "No". Una protesta simile venne fatta dalla gerarchia argentina, ma i vescovi argentini non ebbero nemmeno la cortesia di una risposta".
    Perpetuare il sacerdozio cattolico è lo scopo della Fraternità S. Pio X. "Il sacerdote è dunque una persona consacrata, marcata di un carattere che la fa partecipare al sacerdozio di Nostro Signore, allo scopo di realizzare la rinnovazione del sacrificio di Nostro Signore per la remissione dei peccati e la restaurazione delle anime nella carità dello Spirito Santo", così si è espresso Mons. Lefebvre, che in un'altra occasione ha precisato: "Se la Fraternità Sacerdotale San Pio X ha una spiritualità particolare - io non desidero che abbia una spiritualità particolare - io penso che se la nostra Fraternità sacerdotale ha uníimpronta particolare, questa è la devozione al Santo Sacrificio della Messa". Quella Messa di San Pio V che si voleva assolutamente distruggere.
    Così al Presidente internazionaledi Una Voce che gli chiedeva di autorizzare il vecchio rito con la stessa liberalità con la quale permettevano le più ardite sperimentazioni, Mons Benelli rispose che non era possibile perché esso rappresentava una diversa ecclesiologia. A Jean Guitton che gli chiedeva di autorizzare la Fraternità ad utilizzare l'antica liturgia, Paolo Vl rispose: "No, se noi accordiamo laMessa di S. Pio V alla Fraternità Sacerdotale S. Pio X, tutto ciò che abbiamo conseguito col Concilio Vaticano II sarà rovinato". E' questo un punto fondamentale non ben compreso da coloro che sono legati alla liturgia tradizionale per ragioni soprattutto estetiche o sentimentali. La questione della Messa non può essere disgiunta da quella della crisi generale della Chiesa post-conciliare, come ha ben spiegato Mons. Lefebvre ne "Il colpo da maestro di Satana": "Satana ha inventato delle parole chiave che hanno permesso la penetrazione nel Concilio degli errori moderni e modernisti: la libertà si è introdotta per mezzo della libertà religiosa o delle religioni; líuguaglianza per mezzo della collegialità, che introduce i principi dellíegualitarismo democratico nella Chiesa e, infine, la fraternità per mezzo dell'ecumenismo, che abbraccia tutte le eresie, tutti gli errori e tende la mano a tutti i nemici della Chiesa. Il colpo da maestro di Satana sarà dunque la diffusione dei principi rivoluzionari, introdotti nella Chiesa dall'autorità della Chiesa stessa, ponendo questa autorità in una situazione di incoerenza e di contraddizione permanente. Fino a quando questo equivoco non sarà chiarito, i disastri si moltiplicheranno in seno alla Chiesa. Diventata equivoca la liturgia, altrettanto avviene per il sacerdozio e per il catechismo: la Fede, che non può reggere che sulla Verità, si sgretola. La stessa gerarchia della Chiesa vive in un permanente equivoco fra l'autorità personale, ricevuta col sacramento dell'Ordine e la Missione di Pietro o del Vescovo, e i principi democratici. Bisogna riconoscere che l'inganno è stato ben architettato e la menzogna di Satana utilizzata in modomeraviglioso. Attraverso l'obbedienza la Chiesa si sta distruggendo con le sue stesse mani e si convertità al mondo eretico, giudeo e pagano, per mezzo di una liturgia equivoca, di un catechismo ambiguo, pieno di omissioni e di nuove istituzioni, basate su principi democratici".
    Il problema non è quindi solo poter ottenere la libertà di dire la Messa di S.Pio V. In verità una autorizzazione in tal senso non è nemmeno necessaria e non andrebbe richiesta, perché significherebbe riconoscere che il vecchio rito poteva essere ed era stato abolito, due circostanzeentrambe non vere... Mons. Lefebvre ha letteralmente salvato la Messa, il sacerdozio cattolico e la Tradizione. Tutte le concessioni che il Vaticano ha fatto in questo senso sono state fatte solo perchè esisteva Mons. Lefebvre ed esisteva la Fraternità. Il debito di gratitudine contratto con Monsignore anche dai tradizionalisti che si dichiarano non lefebvriani è indubitabile ed immenso.

  7. #7
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

    Vi sarebbero qui da ripercorrere le vicende dei rapporti tra la Fraternità ed il Vaticano. E' una lunga storia ampiamente documentata della quale ci limiteremo ad evidenziare alcuni punti. Fin dal 1972 i vescovi francesi bollarono Econe come "seminario selvaggio" e brigarono per ottenerne la chiusura. Nel 1974 Mons. Descamps e Mons. Onclin furono visitatori apostolici ad Ecòne. I due dichiararono di trovare normale líordinazione di gente sposata, di non ammettere una verità immutabile e di nutrire dei "dubbi sul modo tradizionale di concepire la Risurrezione di Nostro Signore". Era chiaro che ormai vi erano due Rome, la Roma di sempre cattolica, e la Roma neo-modernista e neo-protestante manifestatasi con il Concilio ed il post-Concilio. Seguirono la soppressione della Fraternità e la sospensione a divinis di Monsignore,entrambe illegali e nulle, anni di contatti con l'ex-S.Uffizio, un incontro con Paolo VI ed uno con Giovanni Paolo II. Se Papa Montini tenne un atteggiamento di aspra chiusura verso i tradizionalisti, Papa Wojtyla sembrò disposto a concedere libertà di operare alla Tradizione, ma nello stesso tempo suscitò scandalo con un ecumenismo sfrenato del quale la riunione di Assisi di tutte le religioni fu uno degli esempi più clamorosi. Inoltre, come apparve chiaro nelle trattative del 1987-88, lo scopo di Roma non era tanto di riconoscere la Tradizione, ma di imbrigliarla.
    Nel corso della sua visita alle opere della Fraternità il Cardinale Gagnonassistè alla Messa Pontificale celebrata da Mons. Lefebvre; in un'altra occasione egli definì "tesoro prezioso" colui che in teoria era sospeso a divinis.
    LaS.Sede rifiutò però di dare garanzie precise sulla nomina entro breve tempo di un vescovo scelto tra i membri della Fraternità; i tradizionalisti sarebbero stati in netta minoranza nella commissione mista per gestire i termini dell'accordo; venne chiesto di far celebrare la nuova messa a S. Nicholas du Chardonnet. Il trattamento riservato a coloro che avevano abbandonato la Fraternità o cercato di seguire la via della Tradizione obbedendo però allíautorità neo-moderniste dava adito a ben poche speranze.Aiconventi di Flavigny di Fontgombault, ad esempio, non veniva consentito di dire la Messa di S. Pio V come Messa conventuale.
    Monsignore aveva appena ricevuto la lettera di un ex appartenente alla Fraternità sulla situazione disastrosa in cui era venuto a trovarsi al seminario Mater Ecclesiae costituito dalIa S. Sedeper riciclare i tradizionalisti.Tutte queste circostanze convinsero M. Lefebvre che per assicurare la sopravvivenza della tradizione occorreva riservare a tempi migliori un accordo con il Vaticano. Ancora una volta Monsignore sacrificava la sua fama ed il suo onore per obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, sceglieva la via della "disobbedienza apparente" per restare nell'"obbedienza reale". Vir obediens loquetur victoriam e sul volto di Mons. Lefebvreil giorno delle consacrazioni episcopali non si leggeva tanto e solo il dolore perla situazione della Chiesa che lo costringeva ad un gesto che mai avrebbe immaginatodi compiere, quanto un senso di sollievo e di serenità per avere assicurato la sopravvivenza della Tradizione. La validità della scomunica è stata negata da canonisti e teologi tra i quali il prof.Geringer della facoltà di Monaco, il Rv.Patrick Valdrini, Preside della facoltà di teologia dellíIstituto Cattolico di Parigi, il Cardinal Castillo Lara, il Prof. Georg May presidente del seminario di Diritto Canonico dell'università di Magonza. Recentemente nella già ricordata intervista a 30 Giorni il cardinal Thiandoum ha negato che si possa parlare di scisma e di scomunica annunciando che appena possibile avrebbe fatto celebrare nella cattedrale di Dakar una Messa solenne di Requiem per Monsignore. La salma di Mons. Lefebvre è stata aspersa di acqua benedetta dal Nunzio apostolico a Berna e dal Vescovo di Sion. Ma, ripetiamo, non ci siamo voluti soffermare sulle intricate vicende dei rapporti intercorsi negli ultimi ventíanni tra il Vaticano e Mons. Lefebvre, perché sarebbe penoso vedere a quale livello è scesa la Roma post-conciliare. Mons Lefebvre è stato radiato dall'Annuario Pontificio, ma è stato ed è rimasto fino alla fine più cattolico di tanti i cui nomi compaiono in quel rosso volume, a cominciare dai vescovi francesi suoi persecutori, spessonegatori dei dogmi fondamentali della Fede, promotori della contraccezione, dell'aborto, dellíomosessualità, profanatori dellíEucarestia.
    Parliamo invece del vero Mons. Lefebvre e della sua opera. Ci è stata data dalla stampa l'immagine falsa di un uomo duro. Quanti lo hanno incontrato sono stati sempre colpiti dalla sua serenità, dalla sua dolcezza e dalla sua grande umiltà che erano l'espressione umana della sua incrollabile fiducia in Dio. Nulla fu "più estraneo al suo Cuore di quella malintesa ed affettata umiltà" che "compromette la forza dell'autorità" (S. Agostino) o- ancor peggio - si risolve nell'umiliazione della Santa Chiesa di Dio... La sua umiltà, la sua mansuetudine, la sua semplicità si armonizzavano in lui mirabilmente con la coscienza della propria dignità e responsabilità episcopale".

  8. #8
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    Respuesta: Mons. Marcel Lefebvre

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    Spesso le grandi cerimonie religiose della Fraternità venivano presentate dalla grande stampaquasi come dei raduni di estremisti, finché almeno un giornalista, Beppe Gualazzini de "il Giornale", presente ai funerali di Monsignore, ha scritto: "Compostezza, non gesto o voce fuori misura, non manifestazioni di fanatismo. Il canto gregoriano e la liturgia di rito antico è per essi una straordinaria forza aggregante. E non ricorda, noto, una Chiesa dei secoli bui, ma quella semplice e solenne delle Messe domenicali della nostra infanzia". Personalmente ricordo ancora la Messa solenne della domenica mattina nella mia parrochia alla fine degli anni ë50, inizio ë60. Era una normalissima chiesa di francescanialla periferia di Milano, costruita dai frati su pietra in questo secolo e continuamente abbellita. Ricordo benissimo, nonostante avessi allora dieci anni, le voci dei frati che dal coro dietro l'altare sembravano letteralmente salire in cielo, il gregoriano così semplice e allo stesso tempo così solenne, ma anche alcuni canti polifonici che da allora mi sono rimasti in mente...Ora in quella chiesa líaltare non esiste più, un enorme altare di marmo è stato letteralmente asportato, lasciando vedere la nuda abside con la parete di legno; in mezzo vi è una tavola. La somiglianza con una cappella metodista è strabiliante. Piccolo esempio dello scempio che èstato fatto delle nostre chiese e della nostra fede, per il quale ci è difficile perdonare i responsabili, mentre è un dovere di riconoscenza ringraziare Mons. Lefebvre per avere cercato di opporvisi e per averci dato i mezzi per continuare a praticare la religione di sempre nei modi di sempre. Andando a S. Nicholas du Chardonnet si vede quello che erano le nostre parrocchie prima del Concilio, quello che oggipotrebbero ancora in larga misura essere. Lo stesso si riscontra in tutte le chiese e cappelle dove viene celebrata la S. Messa di sempre. Si resta commossi leggendo la lapide che nella chiesa parigina ricorda come "alla testa del clero fedele Mons. Ducaud Bourget" vi restaurò il Santo Sacrificio della Messa. Era la domenica 27 febbraio 1977, il parroco stava celebrando il nuovo rito rivolto vero il popolo, in verità molto scarso, quando vide la chiesa riempirsi difedeli guidati da Mons. Ducaud Bourget, cappellano dell'Ordine di Malta, e dall'Abbé Serralda, che ad un certo punto intonarono il Credo. Líoccupazione, o meglio la restituizione al vero culto della chiesa, era compiuta, e da allora S. Nicholas du Chardonnet oltre che parrocchia è il santuario dei tradizionalisti di tutto il mondo. All'inizio degli anni ë80 Mons Lefebvre invitò a riprendere dovunque possibile le tradizionali processioni pubbliche ed i pellegrinaggi. Da allora ogni anno si svolge, non solo a Parigi, la processione del Corpus Domini e quella del 15 agosto, mentre a Pentecoste vi è il tradizionale pellegrinaggio da Notre Dame a Chartres (oggi da Chartres al Sacre Coeur) che ha raccolto fino a 40.000 persone. Anche in Italia si è instaurata la tradizione di pellegrinaggi come quello da Albano al Divino Amore. Il 15 agosto1989 50.000 francesi e rappresentanti di altri paesi parteciparono alla Messa in riparazione dei crimini della rivoluzione francese, alla successiva processione ed alla Consacrazione della Francia alla Vergine secondo la formula del Re Luigi XIII. Alla fine della cerimonia un applauso si levò all'indirizzo del Vescovo che con la sua opera aveva reso possibile quella giornata. "Crescete emoltiplicatevi...". A vent'anni dalla fondazione della Fraternità, nonostante le prove e le persecuzioni, le opere di Monsignore parlano da sole. La Fraternità è presente con propri priorati e residenze in 23 pesi dei cinque continenti, ma la sua azione si estende in molti altri. Sei sono i seminari internazionali. Solo in Francia vi sono 36 Priorati, 15 scuole, due università, una casa di riposo per anziani. Merita in particolare di essere ricordato líInstitut Universitaire Sant Pie X, con sede a Parigi, fondato da Monsignore nel 1980 su richiesta di numerosi docenti universitari che desideravano professare integralmente la loro fede nei loro insegnamenti.
    Nella sua carta di fondazione si legge che l'Istituto "si fissa per regola il rispetto della verità. Si propone di restaurare un insegnamento superiore libero, cattolico, conforme alla missione educatrice della Chiesa quale l'ha definita Pio XI(enciclica Divini Illius Magistri)...(i professori) si impegnano a non dispensare un insegnamento contrario alla dottrina ed alla morale della Chiesa cattolica...si sforzano di trasmettere nelle migliori condizioni scientifiche il tesoro della cultura occidentale, di promuovere la fedeltà alla Francia cattolica e di suscitare l'amore del suo patrimonio intellettuale, morale ed artistico...si associano alla condanna pontificia del laicismo...intendono combattere gli errori del liberalismo". Avessero gli stessi principi, e soprattutto li mettessero in pratica, le università cattoliche "ufficiali"... Líistituto, che opera in collaborazione con l'università di Parigi IV, dispensa corsi di lettere antiche e moderne, storia, filosofia e lingue sacre e pubblica una rivista di alto livello, Vue de haut, che compare a fascicoli monografici e sulla quale scrivono docenti di molte università francesi.
    I sacerdoti membri della Fraternità sono oggi circa 250, i seminaristi alcune centinaia. Legati alla Fraternità sono conventi di religiosi domenicani, cappuccini, francescani, benedettini. La sorella di Mons.Lefebvre ha fondato sette carmeli; vi sono poi le suore della Fraternità, i fratelli, le oblate, il terz'ordine, oltre a quei sacerdoti meno giovani che collaborano con la Fraternità. Anche i cristiani dell'est europeo, traditi dall'Ost-Politik vaticana si sonorivolti a Monsignore, al quale recentemente aveva scritto un vescovo ucraino per chiedere aiuto nello stampare un catechismo. Fanno capo alla Fraternità una casa editrice, diverse riviste e moltissimi bollettini locali.
    In breve, Mons. Lefebvre ha ricostruito ciò che gli altri avvevano distrutto. Un giorno dello scorso anno un sacerdote della Fraternità chiese ad un cardinale: "Eminenza, come spiegare che la Chiesa ufficiale vende i suoi edifici mentre Mons. Lefebvre li acquista?". Perché líopera di Mons. Lefebvre è benedetta dal Signore", fu la risposta.
    Vi è da pensare con rammarico che la cristianità sarebbe oggi in condizioni molto migliori se tutta la Chiesa, o almeno altri vescovi, avessero seguito la strada di Mons. Lefebvre, continuando sulla via della tradizione. La piccola elite formata da Monsignore, come ha detto il Reverendo Schmidtberger, "è a disposizione della S. Sede e dei vescovi, ma...è a disposizione escludendo ogni compromesso ed ogni cocessione agli errori del Concilio Vaticano II e delle riforme che ne derivano.
    "Ho combattuto il buon combattimento"
    La malattia che ha condotto alla morte Monsignore lo ha fermato mentre era in viaggio da Parigi per una riunione dei circoli di tradizione. Vero apostolo della gente, infaticabile fino allíultimo, Monsignore avrebbe potuto far sue le parole di S. Paolo: Bonum certamen certavi cursum cosummavi, fidem servavi, ho combattuto il buon combattimento, ho terminato il mio cammino, ho conservato la fede (2 Tm,4, 7). Da poco era stata pubblicata la sua ultima opera, LíItineraire Spirituel, che attendiamo di leggere con la stessa edificazione con la quale abbiamo letto i suoi precedenti scritti, tra i quali il fondamento, Ils Líont decournné, summa del pensiero di Monsignore sulla tragedia della Chiesa conciliare, che ha rinnegato il dogma della Regalità sociale di Nostro Signore.
    Ai funerali, al di là di un sentimento umano di tristezza, dominava la serenità, la fiducia, un senso di gratitudine per líopera dello scomparso: "Líopera di Mons. Lefebvre su questa terra è compiuta - terminò la sua omelia il rev. Schmidtberger - Ora comincia il suo ministero di intercessore nellíeternità. Ha donato tutto ciò che aveva da donare : la sua dottrina di vescovo, la sua opera di missionario, il miracolo di una nuova generazione di sacerdoti, un esempio nella sofferenza e quattro vescovi ausiliari, dispensatori dello Spirito Santo sulla Chiesa e sulle anime"...


    ESTRATTO (con qualche riduzione) DALLA RIVISTA:"CONTRORIVOLUZIONE" MARZO-GIUGNO 1991.




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