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Tema: Últimas desde el Tradicionalismo Itálico

  1. #1
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    Últimas desde el Tradicionalismo Itálico

    WWW.NEOBORBONICI.IT

    Calendario 2006 Tra pochi giorni sarà disponibile il nuovo calendario 2006 dedicato a Ferdinando II di Borbone.








    IL MATTINO e i libri sul Sud:una vittoria neoborbonica

    Alcune osservazioni sull'iniziativa editoriale del Mattino (Storie dal Sud, in edicola dal 21 ottobre).

    Qualche giorno fa una pubblicità a tutta pagina riportata sul Mattino preannunciava l'uscita settimanale di alcune pubblicazioni relative alla storia del Sud.


    La prima considerazione necessaria riguarda proprio la scelta "commerciale" dell'argomento e le "forme" utilizzate" per pubblicizzarlo.

    1) Senza le "provocazioni" culturali del Movimento Neoborbonico e senza la ricostruzione della memoria storica e dell'orgoglio meridionale attuata in questi 15 anni con ricerche, convegni, libri, seminari, mostre,
    manifestazioni o comunicati-stampa e con tutti i mezzi a nostra disposizione (pochi, in verità, non essendo mai stati politicamente corretti o schierati), non sarebbe mai nata l'iniziativa del Mattino: hanno capito che la cosa poteva funzionare dal punto di vista commerciale e l'hanno promossa, forti del successo di iniziative editoriali simili (decine di ristampe per libri come quelli di Jaeger o di Alianello, per esempio) o delle nostre stesse iniziative.

    2) Uno stemma a colori sul Mattino, il ritratto di Ferdinando II o lo slogan: "solo conoscendo il passato si può comprendere il presente", sono "nostri" e rappresentano, da soli, una nostra vittoria culturale.

    Qualche altra considerazione, invece, è necessaria per quanto riguarda la scelta dei titoli in questione.

    Manhès, Mc Farlan e Marco Monnier sul brigantaggio; il generale Church sui briganti "debellati" dopo il 1848; Abele De Blasio con un saggio di antropologia criminale; l'autobiografia e la contro-biografia di Crocco; la
    fine del Regno di Raffaele De Cesare. All'interno di questi libri, poi, qualche memoria di Borjes, la relazione della Commissione-Massari.

    La prima osservazione riguarda le date originarie di pubblicazione di questi testi: dal 1862 al 1895 e la scelta non è casuale: si tratta di fonti comunque autorevoli in quanto testimonianza di quell'epoca ma
    inevitabilmente parziali.

    Un dato su tutti: i libri che affrontano il tema del brigantaggio si fermano al 1863 (relazione del deputato Massari per la Commissione sul brigantaggio): nessun riferimento ai massacri che, in gran parte, si
    realizzarono e, in piccola parte, si conobbero, proprio dal 1863. Lo stesso Massari, con la sua tesi ("meridionali poveri per colpa dei Borbone-ribellione alle ingiustizie secolari-necessità della repressione")
    fece nascere quella famigerata legge Pica (agosto 1863) che diede il via alle carneficine più dure ai danni del popolo meridionale. Quando Manhès, Mc Farlan, Monnier o Church scrivono i loro libri, ad esempio, non erano stati ancora saccheggiati e distrutti paesi come Pontelandolfo o Casalduni (agosto 1862).

    Quale attendibilità storica può attribuirsi, poi, al Monnier che "dedica" nell'introduzione il suo libro al generale Cialdini, uno dei più spietati esecutori di quelle stragi? O che chiude lo stesso libro con la frase: "Dio
    lo vuole, l'Italia ha la sua stella e il brigantaggio ormai è finito".

    Si tratta, evidentemente, di autori in piena epoca "risorgimentale" che, anche se avessero voluto, non avrebbero in alcun modo potuto parlare del fenomeno in maniera oggettiva ed esauriente.

    Un esempio su tutti: ancora nel 1898 (!), per una semplice "macchietta" che ricordava con nostalgia i Borbone, il poeta Ferdinando Russo fu processato per "borbonismo" (tutte le carte del suo studio furono sequestrate e le lettere della sua poesia pubblicata proprio sul Mattino furono "scomposte").

    Grande spazio viene dato, poi (3 titoli su 4 di quelli dedicati all'argomento), ai briganti pre-unitari, partendo addirittura (Manhès) dai casi già registrati in epoca aragonese o, a proposito dell'attendibilità delle fonti già contestata da qualche storico dell'epoca, trovando riferimenti nei peggiori romanzi del vecchio Dumas o nelle orgogliose relazioni degli ufficiali francesi "sterminatori" dei crudeli briganti calabresi dopo l'invasione del 1806.

    Molto spazio anche ai briganti del 1799 e del cardinale Ruffo, alle connivenze con i regnanti o perfino con le società segrete del tempo.

    Spazi enormi anche per i briganti del resto dell'Italia (Passator Cortese in testa).

    Un viaggio nel tempo e nello spazio e anche questo non è casuale: si pérdono così di vista le dimensioni reali del problema-brigantaggio nell'Italia meridionale sia nello spazio che nel tempo. Nell'introduzione alle opere, il curatore, Gianni Custodero, inizia con riferimenti ai Normanni (1100 circa) e arriva a citare anche i casi attuali di Iraq, Palestina o Chapas, passando per il sentimentalismo infantile che fa risvegliare in noi "Robin Hood o Sandokan".

    L'effetto voluto e, forse, ottenuto è la confusione: si parla dell'argomento dalle origini a domani ma, alla fine, non si capiscono le motivazioni: "un tritume di episodi e aneddoti. sappiamo il come ma non il perché e lo scopo principale della storia è mancato" (usando le parole di Benedetto Croce riferite proprio alla "Fine del Regno" di De Cesare).

    Un'ultima osservazione sul libro di Abele De Blasio: antropologo criminale, fu autore di diverse pubblicazioni lombrosiane (!) e tra esse "I crani dei lucani" (Torino, 1895), "L'orecchio dei napoletani normali e criminali" e lo stesso "Storie di briganti" (la criminosità era nel DNA della gente del Sud, come diceva il suo maestro, Lombroso, inventore, in pratica, di quel razzismo anti-meridionale che ancora oggi resiste).

    Possibile che non si potesse dare spazio ai massacri operati dalle truppe piemontesi-italiane e da quei 120.000 soldati inviati da Torino per "salvare" il "risorgimento" (ma in quale altra epoca storica dai Normanni in poi ci fu bisogno di tante forze in campo?).

    Possibile che non si potesse pensare alla ristampa se non di un de' Sivo o dei numeri di Civiltà Cattolica, di un Buttà o di un Michele Topa o dello stesso Alianello? Possibile che ancora non si avverta per quei nostri
    compatrioti di un secolo e mezzo fa un senso di rispetto dopo averli decapitati ed esposti nelle piazze (come risulta dai documenti dell'Archivio di Stato Maggiore dell'Esercito solo recentemente e parzialmente catalogati)?

    Manca un'analisi complessiva del Regno (ardua ottenerla con i mille aneddoti del buon De Cesare, amico, tra l'altro, dei vari ministri dell'interno del tempo).

    Mancano le cause vere del brigantaggio (la colonizzazione e la conquista del Sud ormai riconosciuta anche da storici certo non borbonici come il De Rosa, ad esempio). Mancano le conseguenze e i danni (centinaia di migliaia di morti, milioni di emigranti partiti non a caso subito dopo la fine del brigantaggio).

    In conclusione, come ci riferisce lo stesso curatore dell'iniziativa, "sono caduti molti tabù e ha fatto il suo tempo la storia dei vincitori" ma, se veramente amiamo il Sud e vogliamo davvero il suo riscatto, non possiamo accettare che la "chiusura" di questo cerchio la compiano in maniera parziale e superficiale i responsabili della cosiddetta cultura ufficiale di cui il Mattino è sicuramente un esempio importante.

    Diranno che non ci accontentiamo mai ed è perfettamente vero: parliamo della nostra terra e della nostra gente e non ci stancheremo mai di lottare per la verità storica, senza dubbi e senza mistificazioni.

    Se siete neoborbonici, allora, potete essere fieri del lavoro fatto in questi anni e che continueremo a fare insieme tra i nostri libri e i nostri documenti.

    Se sapete ancora poco delle storie del Sud, invece, partiamo anche da questi libri ma leggiamo tutto quello che si può leggere su questi argomenti così attuali e importanti ancora oggi.

    Chiedeteci un consiglio e ve lo daremo, consultate il nostro sito e il nostro centro-studi gratuitamente, vi
    accompagneremo in giro per biblioteche e archivi e ricostruiremo insieme quella verità storica, le nostre radici e un orgoglio meridionale di cui (visti i tempi e viste le nostre classi dirigenti) abbiamo sempre più
    bisogno.

    Gennaro De Crescenzo






    Unità o annessione?


    Come ogni anno, il 4 novembre, giorno dell’unità nazionale e delle forze armate, puntuale ed inesorabile, arriva il discorso del Presidente della Repubblica tenuto al Quirinale davanti alle più alte cariche dello stato, ad inneggiarne l’importanza. In particolare, definisce l’Unità d’Italia “una straordinaria conquista da difendere ogni giorno”.



    Perché dopo circa 150 anni le più alte cariche dello Stato italiano, sentono il bisogno di parlare e difendere ciò che ormai sembrerebbe un dato di fatto assolutamente consolidato? Forse perché quello che definiscono Unità d’Italia, non è altro che l’annessione al Piemonte di vari stati indipendenti presenti sul territorio nazionale, ottenuta con la forza di un esercito di 120.000 unità armati fino ai denti e che non hanno mai disdegnato di usarle contro chi osava impedire la loro mostruosa avanzata spargendo morte e sangue, di uomini donne e bambini, pur di ottenere ciò che volevano.







    Soltanto nel Regno delle due Sicilie, furono massacrati circa 700.000 persone, interi paesi rasi al suolo, saccheggi e violenze senza limiti e confini, tutto in nome dell’unità, ma questi non meritano una citazione da parte del Presidente, questi erano meridionali.







    Ecco perché la necessità di esaltare e difendere le gesta di un gruppo di spregiudicati avventurieri chiamati “Padri della Patria”.



    Come riportato da Il Mattino del 5.11.05, nel discorso del Presidente si cita Giuseppe Mazzini: “Dove non è patria, non è patto comune a cui possiate richiamarvi: regna solo l’egoismo degli interessi”.



    L’egoismo degli interessi di una parte dell’Italia che, specialmente oggi, regna sovrano a danno delle regioni meridionali.



    Forse, anche un uomo losco come il Mazzini, se oggi fosse vivo, riscriverebbe quella citazione invertendone il senso, così come Garibaldi dopo l’unità, in una lettera all’attrice Adelaide Ristori scrisse: “……non rifarei le vie del meridione, per timore di essere preso a sassate”.



    Unità o annessione al Piemonte?



    nicola casale

  2. #2
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    Re: Últimas desde el Tradicionalismo Itálico


    WWW.EDITORIALEILGIGLIO.IT



    L’Equatore



    Un giornale borbonico documenta l'unificazione italiana



    introduzione di Francesco Maurizio Di Giovine



    prima edizione 2004</FONT>


    pag. 109</FONT>


    </SPAN>

    € 14,00 - sconto Soci 30%



    spedizioni in contrassegno; contributo postale minimo € 2,71
    </FONT></SPAN></SPAN>
    </SPAN>



    L’Equatore era un giornale borbonico, legittimista e cattolico.

    Il primo numero uscì l’11 gennaio 1861; il giornale avrebbe dovuto avere cadenza bisettimanale ma si poté pubblicare soltanto tre numeri. Il 21 gennaio, la redazione fu assalita e devastata da una banda di camorristi al servizio del regime, e il giornale fu chiuso. Per ironia della sorte, proprio sull’ultimo numero uscito, era stata pubblicata la notizia della nomina di Liborio Romano a consigliere di luogotenenza per gli Interni.



    Nulla si sa dei redattori: non si conoscono i nomi né si sa quale fu la loro sorte. Probabilmente non fu dissimile a quella di altri che proseguirono la loro opera, come Giacinto de’ Sivo, che pochi mesi dopo pubblicherà La Tragicommedia.







    Con l’arrivo di Garibaldi, il 7 settembre 1860, e l’inizio dell’occupazione militare, una feroce repressione cancellò tutte le libertà civili, prima fra tutte quella di stampa.

    Solo pochi eroici patrioti, dalle colonne dei loro giornali, continuarono a denunciare i soprusi dei rivoluzionari e ad informare i Napoletani sulla difesa del Regno e sui contatti diplomatici in corso con le grandi Potenze europee.

    Gli autori de L’Equatore, tutti anonimi, appartengono proprio alla schiera di questi eroici giornalisti che sfidarono la violenza del nuovo regime per dare speranza al popolo napoletano. Il titolo scelto per il loro giornale voleva sottolineare la distanza da entrambi i poli dello schieramento politico, liberali e democratici, che si erano imposti a Napoli dopo l’occupazione. Sottoposti alla censura, i redattori erano costretti a riportare articoli di giornali stranieri per diffondere notizie sulla difesa armata del Regno. Con la stessa tecnica, i giornalisti dell’Equatore riuscivano a dare informazioni sulla crescente simpatia che l’eroismo di Francesco II e dei suoi soldati incontrava in tutta Europa, alimentando le speranze che un loro intervento potesse fermare l’aggressione piemontese.

    Il giornale intendeva offrire anche un servizio di pubblica utilità ai lettori, nel caos in cui si trovava la Capitale nell’avvicendamento tra dittatura garibaldina e luogotenenza d’occupazione. Sin dal primo numero, infatti, furono pubblicati gli elenchi dei trasferimenti imposti dal nuovo regime nei ranghi della Magistratura. Le lunghe sequele di nomi evidenziano la premeditata volontà del nuovo regime di stravolgere e di cancellare tutto quello che poteva sopravvivere del precedente ordine, sradicando i giudici dalle loro sedi, promuovendo chi non si opponeva al regime e spingendo al ritiro chi invece rimaneva fedele all’antico giuramento.







    Appartenente ad un’antica famiglia di Lucera (FG), Francesco Maurizio Di Giovine è un appassionato studioso della storia delle Due Sicilie.

    Redattore della rivista L’Alfiere, da anni conduce un’ampia opera di consulenza e di divulgazione su temi della storia preunitaria, tenendo conferenze in tutta Italia.

    Ha collaborato con i quotidiani Il Giornale di Napoli e Il Giornale del sud. Per l’Editoriale Il Giglio ha curato il saggio introduttivo su Giacinto de’ Sivo, in La Tragicommedia ed ha scritto a più mani La difesa del Regno.








    Il Regno delle Due Sicilie era un regno Italiano: italiano il suo principe, italiano il suo esercito, regno che nel 1848 aveva respinta ogni invasione straniera, anche a titolo di aiuto, e che aveva mostrato col fatto nel 1859 di non parteggiare con i nemici della nazionalità italiana, anzi di concorrere a quella dopo la guerra con lo sborso di tre milioni. Per giunta poi le libere istituzioni che quivi si richiamarono, e la domanda di una lega col Piemonte, nella quale non vi fu condizione strana che non fosse accettata; quale sostegno, quale aiuto non era per l’acquisto della nazionalità, e della completa indipendenza della nostra sempre infelice Italia? Poteva esservi ragione di combattere un regno di tal natura ed in tali condizioni? Eppure il partito della rivoluzione la fermò. Appigliandosi senza discussione a timori effimeri ed esagerati, ricorse alla diffidenza assoluta e, respingendo con i mezzi che tutti sanno ogni conciliazione, una guerra fu decisa, fu iniziata e proseguita contro a questo più gran regno d’Italia in nome dell’Italia; una guerra, che ad onta di tutte le belle tergiversazioni dei giornalisti, non potrà avere nell’istoria altro titolo che quello di guerra fratricida.



    Per questa guerra 100mila italiani sono caduti sul suolo «che lo straniero ha contato con gioia crudele», cento città manomesse, le finanze dilapidate, rovinati gl’interessi pubblici e privati, anarchia, persecuzioni, ire e vendette. Tante rovine e tante stragi sono sempre poca cosa per la salvezza di una Patria, per la indipendenza e la nazionalità di un popolo che risorge. Ma è pur vero che queste stragi, queste rovine, questi danni salvarono la Patria? Erano essi questi mali (gravi senza dubbio) sì necessari e sì utili da corrervi incontro a chiusi occhi e con tanto entusiasmo? Ma in che concorrono oggi all’acquisto della nazionalità e della indipendenza? Qual valore hanno questi mali, quali vantaggi offrono maggiori e più di quelli che dava la lega offerta dal Borbone e ricusata dal Piemonte?



    Ecco lettori il presente dopo il passato. Ecco il nodo gordiano, a districare il quale si confonde alla fine il partito, ed esita troppo tardi dubbioso il governo, ed i suoi Ministeri che si succedono, posti fra un’epoca di furore che è trascorsa e fra un’epoca di decisione e di giudizio che si avanza.



    Vengano ora gl’Italianissimi ed i politiconi, ed invece di cianciare e seminar discordie col dar del patriottico o dal reazionario a questi o a colui; invece di calunniare or questo or quel ceto di concittadini, che pur son tutti fratelli; invece di far continue diatribe contro al governo ed ai ministeri sopra pettegolezzi di minuta amministrazione; vengano diciamo, a dar consigli e a dirne come oggi si debba fare per legittimare una invasione ed una guerra così disastrosa. Ci dicano come si possano trarre i tanto decantati vantaggi dalla presente distruzione! Come dalla guerra civile possa sorgere l’amor nazionale! Come della persecuzione possa venirne la fratellanza! Dalle ire e dalle violenze la concordia, la unione e la forza! Come, infine, le stragi, le rovine, lo sperpero, i danni possano essere i grandi mezzi per l’acquisto di quella tale nazionalità ed indipendenza in nome della quale si operarono!


  3. #3
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    Re: Últimas desde el Tradicionalismo Itálico

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    Dai Borbone alla globalizzazione
    Il 25 novembre 2005 il Comune di Caserta - Assessorato alle associazioni, l’associazione Terra Nostra ed il Movimento Neoborbonico presentano l’incontro-dibattito:


    DAI BORBONE ALLA GLOBALIZZAZIONE


    Nella città di Caserta, presso il Chiostro di Sant’Agostino






    APERTURA STANDS – ESPOSITORI ORE 16,00





    CONVEGNO ORE 18,00





    L’incontro tende a proporre un profilo storico delle iniziative industriali nel sud e della crisi succedutasi al periodo post unitario.

    Sull’argomento verranno presentati i testi che parlano della questione meridionale





    - IL SACCHEGGIO DEL SUD





    Autore Prof. Vincenzo Gulì





    - LE INDUSTRIE DEL REGNO DI NAPOLI





    Autore Prof. Gennaro De Crescenzo





    Per l’occasione sarà presentato in anteprima





    - LA CAMORRA E LE SUE STORIE





    Autore Dr. Gigi Di Fiore

    Capo redattore della cronaca del Mattino di Napoli





    ---- P R O G R A M M A ----





    Saluto agli intervenuti dal Sindaco di Caserta





    Dr. Luigi Falco





    Saluto dell’Assessore alle Associazioni





    Dr. Donato Affinito





    Moderatore





    Dr. Pasquale Costagliola





    Pres. Terra Nostra





    Il meridione e la globalizzazione





    Prof. Gennaro De Crescenzo





    La crisi indotta dell’epoca post unitaria





    Prof. Vincenzo Gulì





    Il Meridione di fronte alla crisi mondiale e della globalizzazione





    Dr. Raffaele Ragni





    La nascita dell’economia criminale meridionale tra l’unità d’italia ed il secondo dopoguerra





    Dr. Gigi Di Fiore


    Vi invitiamo tutti a partecipare!!!


  4. #4
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    Re: Últimas desde el Tradicionalismo Itálico

    Devolution e Sud

    Né con la destra né con la sinistra…
    Ascoltando le tante parole di questo o quel parlamentare nel corso del dibattito trasmesso in diretta-RAI, vengono in mente alcuni pensieri su quello che il Sud, il nostro Sud, si può aspettare nei prossimi anni.

    Si è capito da molto tempo, ormai, che il sistema-Italia, ha deciso di realizzare un federalismo a vantaggio del Nord e a svantaggio del Sud.

    Passato lo “spauracchio” mediologico della “Lega Nord-che-vuole-spaccare-l’Italia”, come nei migliori mercati, si chiedeva 100 per ottenere 10 e 10 era quel federalismo fiscale che sia la destra che la sinistra hanno inseguito, perseguito e realizzato.

    Non a caso la Lega Nord è stata alleata sia della sinistra che della destra: i primi a parlare di “macro-regione padana”, del resto, erano stati gli intellettuali ufficiali e “trasversali” della Fondazione Agnelli molto prima della Lega stessa…

    Il Decreto 56 del 2000 voluto dal governo di centro-sinistra ha iniziato di fatto il federalismo fiscale: solo nel 2002, in virtù di quel provvedimento, ogni cittadino della Campania ha perso 4,25 euro di denaro pubblico; ogni cittadino della Lombardia ha ne ha guadagnati 5,20… Molte delle disposizioni dell’attuale devolution (come sta gridando con orgoglio un deputato di Forza Italia in questo momento) realizzano provvedimenti già teorizzati da Bassanini, uomo di punta del centro-sinistra…

    Se una maggiore autonomia in campo soprattutto culturale e in particolare scolastico e formativo potrebbe essere condivisa anche dai neoborbonici (pensiamo alla possibilità di libri e programmi scolastici legati alla nostra storia), mille dubbi ci assalgono se riflettiamo su coloro che questi processi saranno chiamati a realizzarli…

    Si tratterà di quegli uomini del centro-destra che proprio in questi minuti stanno esultando con Bossi e compagni con tanto di bellissime cravatte e fazzoletti verdi? (P.S. I leghisti sembrano attualmente proprio i meno colpevoli: da “lega Nord” fanno platealmente e semplicemente gli interessi del Nord, come ci si poteva e doveva aspettare).

    O si tratterà di quegli uomini del centro-sinistra federalisti ieri e unitari-patriottici oggi o (per fare un esempio campano) di quegli stessi uomini capaci di inventarsi consulenze o feste e spettacolini miliardari ogni giorno o “corsi per veline” (un milione trecentomila euro) o avveniristiche e artistiche stazioni (46 milioni di euro per quella di Monte S. Angelo)?…

    Né a sinistra né a destra ma a Sud: è uno slogan sempre vero e sempre più attuale.

    Da “movimento” culturale, spesso unica voce vera del Sud, possiamo solo continuare le nostre battaglie per la verità storica e la ricostruzione dell’orgoglio meridionale, come facciamo ogni giorno anche al di là dei nostri mezzi (basta leggere tutto quello che realizziamo anche solo su questo sito), grazie all’aiuto degli amici che ci danno una mano (anche semplicemente con un piccolo contributo) e grazie all’amore profondo che ancora ci lega alla nostra terra e alla nostra gente, con un solo grande e importante obiettivo: la formazione di classi dirigenti veramente nuove e degne di rappresentare il Sud di domani.

    Intanto saremmo lieti di avere suggerimenti e proposte in attesa, magari, di organizzare un incontro sullo stesso delicato e complesso tema.

    Proposta finale per questo dibattito: e se, autonomia per autonomia, iniziassimo a parlare (almeno culturalmente) di una “confederazione” di “stati” anche più autonomi con una macro-regione-Sud-Due Sicilie?

    Gennaro De Crescenzo

    www.neoborbonici.it


  5. #5
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    Re: Últimas desde el Tradicionalismo Itálico

    Commemorazione dell'Eroe Lealista Don José Borges
    Commemorazione dell'Eroe Lealista Don José Borges

    e dei suoi valorosi Uomini


    Il giorno 8 dicembre 2005, festa dell’Immacolata Concezione, Protettrice speciale del Regno delle Due Sicilie, si terrà nel territorio del Comune di Sante Marie (AQ) e nella vicina Tagliacozzo, la commemorazione dell’eroe legittimista spagnolo Comandante José Borges, morto per la salvezza e l’indipendenza della Patria Napolitana, assassinato insieme ai suoi uomini dalla soldataglia piemontese l’8 dicembre del 1861.

    Leggi tutto...
    Al tempo dei Borbone Il 10 dicembre ad Andria, presso l'aula magna dell'Istituto Tecnico Industriale "Sen. O.Jannuzzi" - viale Gramsci, alle ore 17:00, si terrà il primo dei tre incontri dal tema:

    "Al tempo dei Borbone"

    Retrospettiva storica sulle condizioni del Regno delle Due Sicilie e problemi sorti a seguito dell'Unità d'Italia.
    I relatori di questa prima giornata saranno:

    Prof. Gennaro De Crescenzo - "Industrie e primati del Sud preunitario"

    Prof. Vincenzo Gulì - "Crisi del Sud ed insorgenza della Questione Meridionale."



    Andria - Piazza Catuma (www.andriaweb.it)


    Leggi manifesto




    www.neoborbonici.it

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    Re: Últimas desde el Tradicionalismo Itálico

    Libros antiguos y de colección en IberLibro
    intervista a De Crescenzo Fonte:
    Il Brigante anno V numero 4
    Gennaro De Crescenzo: “Perchè neoborbonici”

    Il presidente racconta passato e presente

    di Gino Giammarino



    Fonte:
    Il Brigante anno V numero 4

    De Crescenzo: “Perchè neoborbonici”

    Il presidente racconta passato e presente

    di Gino Giammarino


    Il termine più usato quando si vuole indicare il variegato arcipelago delle associazioni meridionaliste 'e "neoborbonici", definizione un tantino generica, ma soprattutto inesatta, in quanto c''e una sola, vera "Associazione Neoborbonica" come da statuto, che da anni si batte in difesa della memoria storica del Sud. Presidente della suddetta associazione 'e il prof. Gennaro De Crescenzo, autore di libri ed organizzatore a getto continuo di eventi e manifestazioni. Lo abbiamo incontrato per farci raccontare passato, presente e futuro dei "neoborbonici".

    "L'associazione nasce nel 1993 - racconta il prof. De Crescenzo - quando, intorno ad un gruppetto di persone. soprattutto quelli che scrivono lettere al "Mattino" a favore dei Borbone e della storia del Sud: mi presi la briga di andare a rintracciare gli indirizzi ed i numeri telefonici di queste persone, facendo anche una selezione. Da qui nacque un primo nucleo costituito da tre o quattro persone all'interno del quale maturò l'idea d contattare giornalisti, politici, uomini di cultura che, secondo noi, potevano rispondere positivamente al nostro appello.

    Il primo fra tutti fu Riccardo Pazzaglia con il quale, ancora una volta attraverso le pagine del Mattino, fu lanciata provocatoriamente la proposta di una serata conviviale a Castel dell'Ovo nella quale si era invitati, per una volta. a parlar male di Garibaldi. Era il sette settembre, giorno dell'arrivo di Garibaldi a Napoli e quella che doveva essere una pizza tra settanta/ottanta persone divenne un evento tra tre o quattrocento persone...

    Da lì nacque l’idea del Movimento Neoborbonico al quale, strada facendo, si sono aperte tutta una serie di sviluppi che hanno portato all'odierna struttura"

    Come furono accolte le vostre idee allora?
    Le posizioni erano difficili all’interno delle mura cittadine (e non e che siano cambiate granché) nel senso che proprio quegli uomini di cultura che avrebbero dovuto identificarsi in quella cultura, non solo non la rappresentarono per niente, ma furono gli oppositori più coriacei e gli alfieri di una ostinata conservazione.
    Più facile era farsi comprendere all’esterno, al Nord, trai meridionali che erano emigrati e che, dopo l'articolo di Pazzaglia, mi telefonarono dal Settentrione ma anche da tante parti d'Europa perchè erano alla ricerca di qualcosa. Quindi, il successo di quel periodo e, poi, del Movimento, e legato alla necessita popolare di riparlare della storia negata dai libri di scuola.

    Probabilmente. va considerata anche la nascita della Lega di Gianfranco Miglio e il clima che si andava costituendo attorno ai meridionali...
    Certamente per noi ha avuto un effetto benefico In quanto i nostri concittadini residenti al Nord sentivano sulla loro pelle, quotidianamente, il peso di quel rigurgito antirneridionale. Ma la cosa che più mi sorprendeva, era quel modo superficiale dei palazzi e degli istituti dediti alla cultura napoletani di affrontare le nostre posizioni, non solo senza quel dialogo che distingue la cultura vera ma addirittura, in tanti casi, con una sorta di livore che faceva pensare che i Borbone, armi in pugno, stessero alle porte della città.

    Aldilà delle oleografie, qual è davvero l'idea che sta dietro il Movimento?
    Ne separatistica, ne secessionistica, tautomero monarchica Certo, dovendo scegliere tra la Napoli dei Borbone e quel/a degradata di oggi, credo non sia difficile indovinare l'opzione. Purtroppo, da centoquarant'anni a questa parte, chi governa questa città non |o fa in maniera adeguata.
    Per quanto riguarda i Borbone, posso dire che non c’è nessun trono da conquistare, ma non c’è neanche nessun Borbone che abbia simili velleità, per cui...
    C’è, invece, un'esigenza di riprenderci le nostre radici, la nostra cultura, la nostra identità. Che tutto questo si trasformasse in una rappresentanza politica era un obiettivo, ma al momento, date le condizioni oggettive, andiamo avanti per la nostra strada aspettando che sia il momento giusto. Forse e un lavoro per i nostri figli o i nostri nipoti: non c'interessa se e di destra o di sinistra, c'interessa creare una classe dirigente orgogliosa del nostro Sud. Un compito che sarebbe spettato proprio a chi, come l'istituto Italiano per gli Studi Filosofici diretto da Marotta, riceve fondi pubblici a quell'uso destinati salvo, poi, lamentarsi che Napoli non ha una classe dirigente preparata: di chi sarà la colpa?!

    Qual è stata l'evoluzione del Movimento Neoborbonico in questi anni?
    La costituzione di un gruppo operativo, circondato da coloro che vanno e vengono a seconda dei momenti, e la nascita di tante sedi in tutta Italia dirette dai delegati sul territorio. Insieme stiamo svolgendo un lavoro teso, sfruttando le occasioni mediatiche offerte, di volta, in volta, dall'attualità, per rilanciare con forza le tesi dell'orgoglio di essere meridionali. L'occasione più recente è stata la manifestazione contro il rientro dei Savoia a Napoli, ma siamo scesi in piazza anche contro le celebrazioni per i falsi martiri della Repubblica Partenopea del 1799, battendoci sul settore culturale senza disdegnare battaglie economiche, con l'obiettivo di far consumare prodotti della nostra tradizione con il "Compra Sud" o difendere il Banco di Napoli dalla svendita al San Paolo di Torino, ennesimo atto di "piemontesizzazione" del Sud. Una rassegna stampa da oltre duemila articoli e testimone della nostra attività.

    Che cosa intendete con piemontesizzazione, e che rapporto vedete tra Napoli e Torino, in fondo, due capitali che hanno perso?
    La piemontesizzazione descrive una serie di atti che concorsero a cancellare la memoria storica del Sud a favore di una unita d'Italia realizzata a tavolino con l'invasione, prima, e rimpoverimento. poi. dei territori attaccati senza una dichiarazione di guerra attraverso un perverso meccanismo di colonizzazione che spazia, ancora oggi, in vari settori ed impedisce lo sviluppo del Sud.
    La storia di Torino, invece, e significativa per tanti aspetti. Innanzitutto e stata l'avversaria storica di Napoli per tanti anni, pero vi sono due chiavi di lettura: da un lato la invasione piemontese del Sud nel 1860/61 ai danni del Regno delle Due Sicilie, che per tanti aspetti continua anche nel 2005. Dall'altro, Torino e la città del Nord con il maggior numero di meridionali residenti proprio a causa della successiva ondata di emigrazione che vide i suoi figli arruolati negli stabilimenti della FIAT...

    Che attualmente neanche se la cava tanto bene...
    Voglio dire una cosa in proposito: viene sovente rimproverata, al Sud, la dinamica assistenziale, riferita a quei pochi spiccioli di pensione che lo Stato italiano “elargisce" ai nostri concittadini, ma nessuno parla dell’assistenzialismo regalato ad imprese come la FIAT che investono i soldi della comunità e, quando va male, ricorrono alla cassa integrazione, cioè altri soldi della comunità. Scusate, ma dov'e il confine tra assistenzialismo e imprenditorialità? E che cos'e, per questi imprenditori, il rischio d'impresa?

    Qual è il futuro dell’Associazione Neoborbonica?
    Un buon autore latino di commedie, Terenzio, sosteneva che "Tutto quello che e umano, mi riguarda". Ecco, parafrasando l’autore latino potrei dire che "tutto quello che e meridionale, ci riguarda".
    Continueremo le nostre battaglie, cercando di non scoraggiarci o fare voli pindarici a seconda del momento che attraversiamo, con la stessa tecnica adoperata fino ad oggi. Anzi, con in aggiunta l'ausilio del nostro sito "neoborbonici.it" che abbiamo rivitalizzato, ed e aggiornato continuamente con gli eventi e le iniziative in preparazione.

    www.neoborbonici.it

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