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Tema: Che Guevara sconosciuto

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    Che Guevara sconosciuto

    Che Guevara sconosciuto
    di Massimo Caprara

    Spietato e crudele. Responsabile del sistema di repressione di migliaia di dissidenti e oppositori. Ecco quel che non si sa, o non si vuol dire, di Che Guevara, compagno di lotta del dittatore comunista Fidel Castro e idolo di tanti pacifisti cattolici.

    [Da "il Timone" n. 20, Luglio/Agosto 2002]

    Verso le una e dieci del pomeriggio di domenica 9 ottobre 1967, il guerrigliero catturato - ha un berretto nero, un’uniforme militare assai sporca, una giacca azzurra con cappuccio, il petto quasi nudo, la camicia senza bottoni - sistemato provvisoriamente su una panca con i polsi legati, è ucciso, mentre ancora gli sanguina una ferita alla gamba destra. È finito da una scarica a bruciapelo di un mitra M-2. Le ultime parole che ha proferito nei confronti del sottufficiale dei Rangers governativi boliviani Mario Teràn sono state di sonante disprezzo: "Spara vigliacco, che stai per uccidere un uomo". Il guerrigliero cadde a terra con le gambe maciullate, contorcendosi e perdendo copiosissimo sangue. Altri due sottufficiali, entrati ubriachi nella stanza, spararono ciascuno un colpo, direttamente sul volto. Poco lontano, dal villaggio di La Higuera, dove sono giunti agenti della CIA, nei pressi della gola Quebrada del Yuro, un sacerdote domenicano d’una parrocchia vicina, padre Roger Schiller, arrivò trafelato a cavallo. "Voglio confessarlo, so che ha detto: sono fritto. Voglio dirgli: lei non è fritto, Dio continua a credere in lei".

    Nel pomeriggio, il comandante del reparto boliviano , che è il maggiore Ayoroa, dispone che il corpo venga adagiato su una barella e gli sia legata la mandibola con un fazzoletto perché il volto non si scomponga. Un fotografo ambulante ritrasse i soldati e il suo sacerdote intento a lavare le macchie di sangue. L’elicottero volò allora in alto con il corpo sfigurato del guerrigliero. Al sottufficiale Teràn hanno promesso un orologio e un viaggio a West Point per frequentare un corso. Egli ha ucciso il comandante Ernesto Che Guevara Lynch, detto il Che, medico argentino che, con decreto governativo del 9 febbraio 1959, è stato naturalizzato cubano per servizi resi alla Rivoluzione. Da allora prese corpo la sentita e appassionante leggenda di un autentico santo laico.

    "Dalle migliaia di foto, posters, magliette, dischi, video, cartoline, ritratti, riviste, libri, frasi, testimonianze, fantasmi di questa società industriale, il Che ci guarda attento. La sua immagine attraversa le generazioni, il suo mito passa di corsa in mezzo ai deliri di grandezza del neoliberismo. Irriverente, beffardo, moralmente ostinato, indimenticabile", scrive in un libro, edito in italiano nel 1997 con il titolo "Senza perdere la tenerezza", Paco Ignacio Taibo II. Lo scrittore, nato a Gijon in Spagna, coglie drammaticamente il vero.

    La figura assieme virile e dolce del Che Guevara, il cui motto è appunto: "Bisogna essere duri senza mai perdere la tenerezza", attraversa come un lampo la storia del secolo da poco passato: dalla nascita in una famiglia della buona borghesia alla giovinezza nomade e ribelle dall’epica avventura sulla Sierra Maestra con l’amico Fidel Castro, alle responsabilità nelle istituzioni di "Cuba libera ma assediata dall’embargo statunitense", fino al tragico eccidio sui monti della Bolivia ed alla immediata nascita di un mito eroico, unico nei nostri tempi. Lui è sempre al fianco di Fidel, sempre con un itinerario ideale diverso, cioè più organicamente comunista, come è stato osservato, nel 1967, dallo scrittore Carolos Franqui che abbandonerà Castro: "Doveva essere accecante se anche i più opachi, al suo passaggio, erano illuminati". Regis Debray, l’intellettuale francese oggi vivente che lo raggiunse in Bolivia, ha scritto molto su di lui e sulla sua condotta nel libro "Révolution dans la révolution" e "Loués saient nos seigneurs le Che", edito a Parigi da Gallimard nel 1996. Egli ha tracciato un disincantato e veritiero affresco sulle incarnazioni del castrismo, come "lunga marcia dell’America Latina" e sulle sue diverse varianti. Che Guevara materializza quella più irriducibile, severa, spietata e crudele. A mezza strada tra la violenza proto-bolscevica della Ceka e della GPU e la ferocia primordiale perpetrata nelle campagne cinesi dal maoismo. Per Debray, egli è "il più austero tra i praticanti del socialismo". È un medico, afflitto sin dal 1930 (era nato il 14 luglio del 1928 nella città di Rosario) da un inguaribile asma che lo farà soffrire nelle sue trasferte guerrigliere in Africa e in America Latina. Forse anche per questo egli è in grado di conoscere le tecniche più dolorose della punizione e segregazione per i dissidenti detenuti. Un’inflessibile ideologia con il corredo di una raffinata metodologia di persecuzione fisica.

    Il Che, sin dalla clandestinità, polemizza duramente con i combattenti del "Llano", la pianura, contrapponendo alla loro malleabilità la durezza dio condotta osservata in montagna, nella Sierra. Attacca Castro per lo scarso rigore e lo definisce per un pezzo, sprezzantemente, come "il leader radicale della borghesia di sinistra", sensibile alle sirene del politicantismo. Egli è in linea pregiudiziale sempre "favorevole ai processi sommari" e di lui si ricorda l’ingiunzione perentoria ai ribelli venezuelani: "Prendete un fucile e sparate alla testa di ogni imperialista che abbia più di quindici anni". Al punto che Debray, riassumendo, lo caratterizza come un "dogmatico, freddo, intollerante che non ha nulla da spartire con la natura calorosa e aperta dei cubani". Intelligente e risoluto, generoso ed egualitario con i suoi, inflessibile con i nemici, comanda energicamente il secondo Fronte di Las Villas nella conquista dell’esercito ribelle a Cuba. Durante l’avanzata, nel 1957, si distingue per l’efferatezza con la quale interpreta il suo modo di essere rivoluzionario e di liquidare nemici e presunti traditori. Euti8mio Guerra, un guerrigliero9, viene accusato di avere avuto una collusione con il nemico, cioè con l’esercito del dittatore Fulgencio Batista, e immediatamente deferito ad un’improvvisata Corte marziale. Il Che anticipa il verdetto. Raccontò successivamente un suo commilitone detto "Universo": "io avevo un fucile e in quel momento il Che tira fuori una pistola calibro 22 e pac, gli pianta una pallottola qui. Che hai fatto? Lo hai ucciso. Eutimio cadde a pancia in su, boccheggiando".

    Nell’anno della "liberazione" di Cuba che è il 1959, il Che viene convocato da Castro e il 7 settembre riceve l’incarico provvisorio di Procuratore militare. È una convulsa ma intensa fase della nuova Cuba che ne prefigura i caratteri sociali e civili, che deve giudicare i collaborazionisti con il passato regime, processarli e soprattutto toglierli dalla circolazione. L’anno dopo, ai primi di gennaio, si apre a Cuba il primo "Campo di lavoro correzionale" (ossia di lavoro forzato). È il Che che lo dispone preventivamente e lo organizza nella penisola di Guanaha. Trecento ottantuno prigionieri, arresisi alle truppe castriste sull’Escambray, vengono radunati, incarcerati a Loma de los Coches e tutti fucilati.

    Jesus Carrera, anticastrista che è stato ferito negli scontri, chiede la grazia. Il Che gliela rifiuta ritenendolo un antagonista personale del capo Fidel. La stessa sanguinosa procedura viene riservata a Humberto Sori Marin per il quale aveva chiesto misericordia la madre. Sotto l’impegnativa e organica inclinazione del Che, prende corpo la "DSE". Il Dipartimento della Sicurezza di Stato, noto anche con il nome di "Direcciòn general de contra-intelligencia". Un dettagliato regolamento elaborato puntigliosamente dal medico argentino, fissa le punizioni corporali per i dissidenti recidivi e "pericolosi" incarcerati: salire le scale delle varie prigioni con scarpe zavorrate di piombo; tagliare l’erba con i denti; essere impiegati nudi nelle "quadrillas" di lavori agricoli; venire immersi nei pozzi neri.

    Marta Frayde, già rappresentante di Cuba all’Unesco e, dopo i primi anni, incarcerata, ha descritto le celle riservate ai "corrigendi": sei metri per cinque, ventidue brandine sovrapposte, in tutto quarantadue persone in una cella. Le accuse nei Tribunali sommari rivolte ai controrivoluzionari vengono accuratamente selezionate e applicate con severità: religiosi, fra i quali l’Arcivescovo dell’Avana, Monsignor Jaime Ortega; adolescenti e bambini; omosessuali. La fortezza La Cabana di Santiago viene utilizzata come centro di smistamento. Il procuratore Guevara Lynch illustra a Fidel Castro e applica un "Piano generale del carcere", definendone anche la specializzazione. Vengono così organizzate le case di detenzione "Kilo 5,5" a Pinar del Rio. Esse contengono celle disciplinari definite "tostadoras", ossia tostapane, per il calore che emanavano. La prigione "Kilo 7" viene frettolosamente fatta sorgere a Camaguey: una rissa nata dalla condizioni atroci procurerà la morte di quaranta prigionieri. Il campo di concentramento La Cabanas ospita le "ratoneras", buchi di topi, per la loro angustia. La prigione Boniato comprende celle con le grate chiamate "tapiades", nelle quali il poeta Jorge Valls trascorrerà migliaia di giorni di prigione. Il carcere "Tres Racios de Oriente" include celle larghe un metro, alte un metro e ottanta centimetri e lunghe dieci metri, chiamate "gavetas". La prigione di Santiago "Nueva Vida" ospita cinquecento adolescenti. Quella "Palos", bambini di dieci anni; quella "Nueva Carceral de la Habana del Est", omosessuali dichiarati o sospettai. Ne parla il film su Reinaldo Arenas "Prima che sia notte", di Julian Schnabel uscito nel 2000.

    Il Che lavora con strategia rivolta non solo al presente ma al futuro Stato ditattoriale. Nel corso dei due anni passati come responsabile della Seguridad del Estado, avendo come collaboratore Osvaldo Sanchez che era esperto principale comunista, si materializza la persecuzione contro la Chiesa. Pascal Fontanie, nel suo libro "America Latina alla prova", calcola che centotreuntuno sacerdoti hanno perduto la vita fino al 1961 nel periodo in cui Guevara era artefice massimo del sistema segregazionista dell’isola. Viene definito "il macellaio del carcere - mattatoio di La Cabana". Si oppone con forza alla proposta di sospendere le fucilazioni dei "criminali di guerra". Più che da Danton discende dall’incorruttibile, l’"incorruttibile" Robespierre. Quando ai primi del 1960 a lui viene assegnata la carica di Presidente del Banco Nacional, Fidel lo ringrazia con calore per la sua opera repressiva. Egli ne generalizza ancor più i metodi per cui ai propri nuovi collaboratori, per ogni minima mancanza, minaccia "una vacanza nei campi di lavoro di Guanahacabibes". Il medico argentino, il più coerente leninista dell’America Latina, il meno reticente delle proprie idee e propositi pratici, è l’autentico motore di una ideologia totalitaria e di una macchina penitenziaria statale. La sua azione, esplicitamente ispirata ad una concezione coercitiva, impersona, come egli scrisse: "l’odio distruttivo che fa dell’uomo un’efficace, violenta, selettiva, fredda macchina per uccidere".

    Cronologia

    14 luglio 1928. Nasce Ernesto Guevara Lynch, detto Che.
    26 luglio 1953. Un gruppo di studenti attacca la caserma della Moncada. Uno dei capi, Fidel Castro, viene arrestato e condannato a 15 anni di prigione. Ben presto libero, raggiunge il Messico.
    1955. In Messico, Che Guevara incontra Fidel Castro che si sta preparando a rientrare a Cuba.
    Dicembre 1956. Fidel e Che Guevara sbarcano a Cuba. Guevara si fa subito notare per la sua durezza: un ragazzo, guerrigliero della sua unità, che ha rubato un po’ di cibo viene fucilato senza alcun processo.
    7 Novembre 1958. A capo di una colonna di guerriglieri, Ernesto Che Guevara intraprende una marcia su L’Avana.
    1 gennaio 1959. Il dittatore Fulgencio Batista si dà alla fuga.
    8 gennaio 1959. Fidel Castro e i suoi barbudos entrano a L’Avana. Che Guevara riceve l’incarico di "procuratore" ed è lui a decidere delle domande di grazia. Subito le prigioni della Cabana, all’Avana dove esercita Che Guevara, e di Santa Clara diventano teatro di esecuzioni di massa. Vengono uccisi soprattutto ex-compagni d’arme, che si erano conservati democratici, di Fidel Castro e del Che. Si instaura la dittatura comunista.
    Maggio 1961. Vengono chiusi tutti i collegi religiosi e le loro sedi confiscate. Secondo Il libro nero del comunismo, dal quale sono tratte queste informazioni, scritto da storici di sinistra, negli anni Sessanta, a Cuba sono state eliminate da 7.000 a 10.000 persone e altre 30.000 incarcerate.
    17 settembre 1961. Vengono espulsi da Cuba 131 sacerdoti diocesani e religiosi.
    9 ottobre 1967. Recatosi in Bolivia, Che Guevara non riceve alcun appoggio da parte dei contadini. Isolato e braccato, viene catturato e giustiziato.

    Bibliografia

    AAVV, Il libro nero del comunismo. Crimini, terrore, repressione, Mondadori, Milano 1998.
    Armando Valladares, Contro ogni speranza. Dal fondo delle carceri di Castro, SugarCo, Milano 1987.
    Federico Guiglia, Il sole nero. Dall’esilio cubano sette storie contro Fidel, Libri Liberal, Firenze 2000.
    Jorge Valls, Mon ennemi, mon frére, Gallimard, Paris 1989.

    http://www.kattoliko.it/leggendanera...rticle&sid=450
    Giuseppe dio el Víctor.

  2. #2
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    Respuesta: Che Guevara sconosciuto

    questo documento dovrebbero leggerlo i tanti giovani che indossano le magliette di Che Guevara e che lo mettono allo stesso livello di Gesù, dimenticando che Cristo è Dio e non un rivoluzionario pacifista...
    Giuseppe dio el Víctor.
    STAT CRUX DUM VOLVITUR ORBIS

  3. #3
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    Non importa. Loro hanno la testa piena di bugie. Non si puo ragionare con questi neanderthali.
    Giuseppe dio el Víctor.
    "De ciertas empresas podría decirse que es mejor emprenderlas que rechazarlas, aunque el fin se anuncie sombrío"






  4. #4
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    neanderthali.
    STAT CRUX DUM VOLVITUR ORBIS

  5. #5
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    Respuesta: Che Guevara sconosciuto

    Ci credo che chiamare a loro neanderthali è un onore per loro...
    Giuseppe dio el Víctor.
    "De ciertas empresas podría decirse que es mejor emprenderlas que rechazarlas, aunque el fin se anuncie sombrío"






  6. #6
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    Cita Iniciado por Reke_Ride Ver mensaje
    Ci credo che chiamare a loro neanderthali è un onore per loro...
    desde luego
    STAT CRUX DUM VOLVITUR ORBIS

  7. #7
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    Un vero criminale non c'è che dire!

  8. #8
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    Respuesta: Che Guevara sconosciuto

    Molti seguono soltanto delle mode e la responsabilità spesso o quasi sempre è della società fondata sulla falsa informazione che paralizza i cervelli rendendo i giovani, ma non solo, epigoni di personaggi aberranti.
    Giuseppe dio el Víctor.

  9. #9
    Avatar de Valmadian
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    Ci credo che chiamare a loro neanderthali è un onore per loro...

    Y una seria ofensa a los honrados neandhertales , asumo la representación de su protesta.
    "He ahí la tragedia. Europa hechura de Cristo, está desenfocada con relación a Cristo. Su problema es específicamente teológico, por más que queramos disimularlo. La llamada interna y milenaria del alma europea choca con una realidad artificial anticristiana. El europeo se siente a disgusto, se siente angustiado. Adivina y presiente en esa angustia el problema del ser o no ser.

    <<He ahí la tragedia. España hechura de Cristo, está desenfocada con relación a Cristo. Su problema es específicamente teológico, por más que queramos disimularlo. La llamada interna y milenaria del alma española choca con una realidad artificial anticristiana. El español se siente a disgusto, se siente angustiado. Adivina y presiente en esa angustia el problema del ser o no ser.>>

    Hemos superado el racionalismo, frío y estéril, por el tormentoso irracionalismo y han caído por tierra los tres grandes dogmas de un insobornable europeísmo: las eternas verdades del cristianismo, los valores morales del humanismo y la potencialidad histórica de la cultura europea, es decir, de la cultura, pues hoy por hoy no existe más cultura que la nuestra.

    Ante tamaña destrucción quedan libres las fuerzas irracionales del instinto y del bruto deseo. El terreno está preparado para que germinen los misticismos comunitarios, los colectivismos de cualquier signo, irrefrenable tentación para el desilusionado europeo."

    En la hora crepuscular de Europa José Mª Alejandro, S.J. Colec. "Historia y Filosofía de la Ciencia". ESPASA CALPE, Madrid 1958, pág., 47


    Nada sin Dios

  10. #10
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    Re: Respuesta: Che Guevara sconosciuto

    Libros antiguos y de colección en IberLibro
    Appunti per mandare in frantumi un falso mito giovanile:

    Ernesto Che Guevara




    MITO GIOVANILE - MITO TRASVERSALE

    Dal ’67 in poi, Ernesto Guevara, detto Che (in dialetto guaranì significa più o meno ehi, tu!), è stato una delle icone della sinistra giovanile ed ha rappresentato un modello di purezza di ideali e di sacrificio per larga parte della gioventù occidentale.

    Contrariamente a ciò che ci si sarebbe aspettato dopo la caduta del Muro di Berlino (1989), quando cioè i nuovi simboli giovanili avrebbero potuto, e dovuto, essere altri(il primo ragazzo che scavalcò il Muro stesso - Jan Palach - l’eroe inerme che ferma un carro armato in piazza Tienamen), il mito di Guevara ha preso nuovo vigore e la sua immagine è ricomparsa su bandiere, t-shirt, manifesti. Addirittura, il verso di una canzone di Jovanotti recita: “io credo che al mondo c’è una sola chiesa che va da Guevara a Madre Teresa”.

    Ci sono migliaia di pubblicazioni sul Che e le sue imprese; in Italia sono in commercio attualmente più di 50 titoli diversi; un milione le copie vendute; su Internet si trovano più di 200 siti italiani; sono in produzione un musical e un film.

    Il mito di Guevara è universalmente riconosciuto ed accettato: dalla sinistra, dall’opposizione, dagli intellettuali, dall’area cattolica.

    In realtà, con un’operazione studiata a tavolino, Guevara è diventato un simbolo nel quale ognuno può riconoscersi e trovare qualcosa di positivo:

    il capo rivoluzionario per i comunisti / l’antiamericano e il tribuno per i fascisti / il martire per gli idealisti di tutte le tendenze.

    Questa operazione produce l’effetto di rendere positivo tutto ciò che abbia a che fare con il personaggio, cioè di trasferire l’ammirazione per il personaggio anche alle sue idee e alle sue azioni, e comunque di renderle familiari, abbassando la soglia di valutazione critica.


    LA REALTÀ: L’UTOPISTA - IL GIACOBINO - IL COMUNISTA

    Di famiglia alto-borghese ma in precarie condizioni economiche, Guevara ricevette un’educazione che, oggi, definiremmo radical-chic o politically correct; la casa dei genitori era regolarmente frequentata da esponenti dei partiti comunisti sudamericani e da rivoluzionari spagnoli del 1936.

    Fu dichiaratamente marxista e stalinista; ammirò e cercò di riprodurre a Cuba la prassi della rivoluzione cinese di Mao; tra i suoi compagni fu considerato un estremista, un radicale; dai Sovietici fu considerato fedele alla Rivoluzione e teoricamente preparato.

    Nei suoi discorsi (numerosi e tenuti soprattutto dopo la rivoluzione cubana, sia sull’isola che in sedi internazionali) e nei suoi scritti (diari, testi ideologici e manuali di guerriglia) si ritrovano esattamente le stesse idee proclamate dai rivoluzionari di tutti i tempi, a partire dalla Rivoluzione Francese in poi:

    la rivoluzione è la soluzione di ogni male;

    la rivoluzione va provocata anche quando il popolo che ne sia destinatario non ne scorga la necessità;

    il popolo è un’entità astratta ed ideologica che non corrisponde ad uomini concreti, in carne ed ossa;

    ogni rivoluzione è fattain nome del popolo, anche quando questo sia contrario o la tema (come in Bolivia);

    la rivoluzione, dunque, deve essere violenta, deve imporsi con la forza e deve sovvertire qualunque forma di ordine;

    la rivoluzione porta necessariamente una giustizia rivoluzionaria, un’istruzione rivoluzionaria, una economia rivoluzionaria, una gestione rivoluzionaria del potere, persino una medicina rivoluzionaria, basate su logiche interne che nulla hanno a che vedere con la realtà concreta;

    la rivoluzione deve costruire l’uomo nuovo, che è collettivo e che conserva la propria individualità soltanto per quel che basti a dare un contributo personale al progresso della rivoluzione stessa;

    l’uomo nuovo non ha alcun genere di necessità, desiderio o sogno: deve vivere soltanto per il progresso della rivoluzione;

    la rivoluzione non si ferma mai ma continua all’infinito, nello spazio e nel tempo.


    LA RIVOLUZIONE DI GUEVARA: CUBA

    Guevara incarna perfettamente la sinistra figura del rivoluzionario di professione.

    Stando alla sua movimentata biografia, si può affermare che in Cuba e in Fidel Castro, egli vide semplicemente l’occasione propizia per realizzare l’utopia nella quale credeva; se non avesse incontrato questa opportunità, avrebbe sicuramente fatto la rivoluzione da qualche altra parte. Del resto, egli stesso affermava che “la rivoluzione si può fare in qualsiasi momento, in qualunque parte del mondo”.

    Periodo della guerriglia:
    i suoi diari e gli stessi compagni d’arme testimoniano quanto fosse spietato nei confronti di chiunque, in qualsiasi modo, anche minimo, intralciasse o mettesse a rischio l’avanzata della lotta armata.
    Il cammino del Che nella Sierra Maestra era cosparso di cadaveri (...) le cui morti aveva ordinato e che in alcuni casi aveva giustiziato di persona” .

    Periodo della realizzazione della Rivoluzione:
    La sua prima carica fu di Procuratore Generale:
    si occupò di eliminare chiunque potesse rappresentare un pericolo per la rivoluzione, cioè chiunque non aderisse totalmente al nuovo regime.
    Nei primi 100 giorni, con sentenze da lui personalmente controllate, furono eseguite 55 fucilazioni e nei mesi successivi si arrivò a 550 persone assassinate dalla “giustizia” cubana.

    Dal 1959 in poi, Guevara fu un vero uomo di potere della nomenklatura cubana e, senza essere il leader riconosciuto della Rivoluzione, rivestì varie cariche attraverso le quali, di fatto, orientò l’intero processo rivoluzionario:Presidente della Banca Nazionale - Capo dell’Istituto per la riforma agraria - Ministro per l’Industria, incarico attraverso il quale praticamente diresse l’economia del paese ed influenzò gli affari della Difesa, degli Interni e degli Esteri. Infine, seguì l’attività della polizia politica.

    Come Ministro dell’Industria applicò ciecamente la teoria socialista del sistema di gestione centralizzato, che prevedeva un’economia pianificata, totalmente slegata da qualunque logica produttiva,attuata in vista di obiettivi ideologici. I suoi punti nodali erano:

    - sostituzione dell’economia agricola di Cuba con l’industria pesante metallurgica (punto di riferimento di tutti i regimi comunisti) benché nonesistessero le sia pur minime condizioni per realizzarla;
    - indottrinamento della classe operaia nata dalla rivoluzione (costituita da uomini nuovi con una forte coscienza comunista), che non avrebbe avuto denaro in cambio del lavoro svolto, ma incentivi morali e distribuzione diretta di beni, cioè distribuzione da parte dello Stato di quanto necessario per vivere;
    - lavoro volontario obbligatorio, da svolgersi la domenica;
    - campi di lavoro rieducativo, cioè l’equivalente dei Gulag sovietici, come quello di Guanacahabibe; la pena in tali campi era volontaria: l’alternativa era essere licenziato con la formula “espulso per grave inidoneità al servizio - indegno”, vero e proprio viatico per la disoccupazione e l’emarginazione sociale.

    “Il socialismo senza la morale comunista non mi interessa”

    I risultati furono negativi sin dall’inizio, come del resto è accaduto in tutti i Paesi socialisti, e fu questa gestione ideologica la causa della gravissima depressione economica nella quale Cuba versa ancora oggi; l’embargo americano ebbe inizio soltanto negli anni seguenti ed è sempre stato eluso da molti Paesi.


    Editoriale Il Giglio - Dottrina politica - R3: Il mito di Che Guevara
    Giuseppe dio el Víctor.


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